ROMA Il professor Tullio De Mauro si alza in piedi, prende la bottiglia di acqua minerale che ha davanti e la mostra al pubblico: Siamo qui per parlare della chiarezza dell'informazione istituzionale. Stiamo cercando di capire se lo Stato riesca effettivamente a comunicare con i cittadini, se questi comprendano il contenuto di leggi, regolamenti, messaggi di pubblica utilità a loro destinati: allora invito chiunque di voi non abbia una lente di ingrandimento e dirmi se riesce a leggere le informazioni che per legge devono essere scritte sull'etichetta di questa bottiglia. Soprattutto vorrei sapere se qualcuno di voi, che non sia chimico, ne comprende il significato. Annuiscono e sorridono Giovanni Goria, il ministro Rosa Russo Jervolino, tutto lo staff del dipartimento per l'informazione della presidenza del Consiglio riunito a palazzo Chigi per presentare il volume Diritto all'informazione in Italia: un'opera avviata nell'87 da Goria, allora presidente del Consiglio, e costata quattro anni di lavoro a esperti di diritto, sociologia, linguistica, mass media e informatica. De Mauro, che ha curato il capitolo sulla linguistica, posa la bottiglia di acqua minerale e spiega che non è un paradosso, qui si sta parlando di diritti dei consumatori, nella particolare forma del diritto di tutti a capire il linguaggio dello Stato. Questo tipo di informazioni, oggi, è riservato a chi è capace di intenderle. Non possiamo chiamare il biglietto dell'autobus titolo di viaggio e chiedere al passeggero di obliterarlo, nè far scrivere a chi vuole continuare ad usare il telefono che ha trovato nell'appartamento preso in affitto che desidera fare domanda di subentro per rilevare l'utenza assumendo quel contratto, come si legge nei moduli della Sip. Lo stesso vale per le leggi: finchè sono scritte in modo incomprensibile il cittadino, in alcuni casi, non è neppure obbligato a rispettarle. Lo stabilisce una sentenza della Corte costituzionale dell'88: se si dimostra che il cittadino, in buona fede, non ha ben compreso una norma non può essere punito per non averla osservata, purchè non si tratti ovviamente di un reato grave e generalmente riconosciuto. Il richiamo di De Mauro a questa sentenza della Corte centra il cuore del problema: lo Stato è lontanissimo dai cittadini, parla un linguaggio oscuro, per molti incomprensibile. Gli atti dell'amministrazione, si legge nel libro, sono pieni di locuzioni latine, termini formali e solenni. Le frasi sono complesse, con più subordinate, doppie negazioni, verbi in forma passiva. Male, malissimo se è vero che, come Giulio Andreotti scrive nella presentazione del volume, il diritto all'informazione del cittadino è un nuovo diritto sociale, strumento necessario per una democrazia compiuta. Il tema è caro a Giovanni Goria, che presentando il libro finisce per parlare della legge sulla trasparenza del procedimento amministrativo, approvata nell'agosto scorso ma presentata proprio da Goria nell'87. Quella legge (porta il numero 241 del ' 90) è un caso esemplare di quanto sia difficile, nella pratica, snellire i procedimenti burocratici e consentire ai cittadini di avere accesso ai documenti. Le nuove norme ricorda Goria stabiliscono per esempio che per ogni pratica sia indicato un responsabile a cui il cittadino può rivolgersi; che si dica in anticipo entro quanto tempo la pratica sarà chiusa, e se questo non accade, che il termine sia di 30 giorni; che chiunque vi abbia interesse possa vedere documenti per lui rilevanti. E' una normativa rivoluzionaria, destinata a cambiare il rapporto tra cittadino e istituzioni. Se ne è parlato molto poco però, e soprattutto, nei regolamenti di attuazione, si è scelta la linea di un atterraggio morbido che certo non ha accontentato chi ne avrebbe voluto l'applicazione piena e immediata. La velata polemica è rivolta al ministro della Funzione pubblica, Remo Gaspari. Dopo che Guido Carli, ministro del Tesoro, aveva diffuso una circolare interna disponendo che la legge fosse da subito applicata negli uffici del suo dicastero, il responsabile della Funzione pubblica ha dettato i principi da seguire nell'attuazione della nuova norma. Sono sei circolari che circoscrivono nei minimi dettagli l'ambito di applicazione della legge e, di fatto, ne attutiscono molto l'impatto. A proposito di linguaggio delle istituzioni (per il quale De Mauro consiglia di usare le parole del vocabolario-base, conosciute da tutti: in Giappone sono 3500, il Italia circa il doppio) è interessante leggerne qualche passaggio. Si parla del fatto che quando un provvedimento non è respinto entro il termine fissato si considera accolto. Dice la circolare: La norma suesposta è preordinata al fine di evitare la eccessiva incidenza della pendenza dei procedimenti amministrativi sulle esplicabilità delle posizioni di vantaggio degli amministrati. Tali posizioni sono da identificare non tanto in diritti irrefragabili, il cui esercizio prescinde dall'adozione di atti permissivi dell'Amministazione, ma in situazioni giuridiche suscettibili di trasformazioni a seguito di atti del tipo suindicato. Concita De Gregorio «Repubblica», 27 febbraio 1991, p. 15
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