ROMA. Riusciranno i nostri burocrati a parlare finalmente come mangiano? Ci sono voluti cinque anni e quattro ministri per arrivare al primo manuale di stile per i dipendenti dello Stato (ma se ne consiglia la lettura anche ai privati). Voluto da Sabino Cassese, perseguito da Urbani e Frattini, è sotto il regno di Bassanini che l'abbecedario dei fantozzi d'Italia diventa finalmente volume, corredato da un software in grado di segnalare al computer le parole in burocratese. Si parte dai consigli generali: come quello di ricordarsi sempre, prima di mettersi a scrivere, a chi, che cosa e perché si scrive (consiglio estendibile ai giornalisti). Dopo alcune precisazioni ispirate al politically correct (non si dice uomini, ma per sone), gli autori coordinati da Alfredo Fioritto si occupano della sintassi: evitare le frasi subordinate, i gerundi, gli incisi e le terribili forme negative, tipo "non possiamo non ritenere". Quindi si passa all'elenco delle parole tabù: obliterare e i suoi fratelli. Da attergare (meglio: scrivere dietro al documento) a senza negare (meglio: affermare). Segue una pagina sull'uso del punto, due punti e punto e virgola, imprescindibile nella patria di Totò, e l'elenco delle quattro caratteristiche che un testo dell'Amministrazione dovrà possedere d'ora in poi: ordine, semplicità, essenzialità e leggibilità materiale. A presentare l'immane sforzo c'erano il linguista Tullio De Mauro, che ha denunciato "persistenti condizioni borboniche" nei nostri uffici e ha invocato l'uso della lingua "del come mamma ti ha fatto". L'ex ministro per la Funzione Pubblica, il berlusconiano Frattini, ha esaltato l'apporto di Violante alla chiarificazione della sintassi legislativa, ma quando già tutti pensavano all'ennesimo inciucio se n'è uscito con la lettura choc di una recentissima legge di sei righe a favore degli alluvionati del Piemonte, dalla quale si deduceva a stento che si stesse parlando di esseri umani. Per non essere da meno, il ministro in carica Franco Bassanini ha criticato il linguaggio della Bassanini bis, una legge che pure porta il suo cognome, e ha svelato che quando non riusciva a decrittare i geroglifici del 740 telefonava al ministro Visco, che ne capiva ancor meno di lui. Ma perché lo Stato è così incomprensibile? Violante ha dato un'interpretazione suggestiva: "L'oscurità derivava dal desiderio di neutralità. Certe parole semplici, come lavoratori, erano scartate perché cariche di un significato ideologico". Le ideologie sono finite, ma le parole del burocratese no. E l'Italia aspetta ancora di passare, parole di Violante, "dalla Repubblica degli apparati a quella dei cittadini". "Le regole adesso ci sono. Ma riusciremo a farle applicare?", si è chiesto Bassanini. E se ne dubita lui. Fra l'altro, per mancanza di fondi, il volume verrà per ora inviato soltanto a pochi uffici. r. r. «La Stampa», 9 luglio 1997, p. 4 |