Per esempio

Uffici, al bando il burocratese

Perché ricorrere a oscuri giri di parole come "esperire una scelta alternativa di alloggio", come "salario o stipendio percepito in costanza di rapporto di lavoro", quando si potrebbe scrivere più chiaramente "scegliere un alloggio diverso", "retribuzione lorda di un dipendente"? Perché "nucleo familiare" invece di "famiglia"? Perché "ubicato in" invece del semplice "in", lasciando perdere l'inutile "ubicato" che fin dall'Ottocento era considerato voce da respingere? La risposta è un'altra domanda: si possono cambiare le formule dotte, arcaiche, stereotipate, le locuzioni solenni e complesse, le parole ambigue e astratte del burocratese? Sì , qualcosa si può fare. Lo dimostra un libretto del Comune di Padova, dal titolo promettente, "Semplificazione del linguaggio amministrativo", a cura di Michele A. Cortelazzo, professore universitario di grammatica italiana, con la collaborazione di Federica Pellegrino e Matteo Viale. Gli esempi di riscrittura sono 18. Anche se non c' è una regola generale di aumento o diminuzione delle parole impiegate, sembra giusto segnalare una specie di primato: una comunicazione, che ha per oggetto "assegnazione di alloggi per cittadini extracomunitari", nella riscrittura scende da un totale di 203 parole a un totale di 62. Il caso opposto si ha in una "nota informativa sulla tutela dei dati personali": la riscrittura fa salire il totale delle parole da 346 a 490. Per ragioni di spazio non ci è consentito citare esempi completi con il testo "a fronte" del burocratese e la "traduzione" della riscrittura. Faremo soltanto qualche breve esempio. Le "dichiarazioni mendaci" diventano più semplicemente "dichiarazioni false", "sanzionare penalmente" e "provvedere alla copertura assicurativa" si restringono a "punire" e "assicurare". In un piccolo avviso sulla distribuzione gratuita dei "sacchetti - paletta", la riscrittura dice chiaramente che essi servono "per la raccolta degli escrementi dei cani". Il burocratese, probabilmente nel malinteso timore di cadere nella volgarità , si era rifugiato dietro il paravento di un enigmatico eufemismo "raccolta dei bisogni fisiologici".

Giulio Nascimbeni

«Corriere della sera», 10 ottobre 1999, p. 15