Il web in aiuto Secondo tecnici, giuristi e linguisti di fama (tra cui Tullio De Mauro e il presidente onorario dell’Accademia della Crusca Francesco Sabatini), nonostante gli sforzi profusi per stabilire regole utili a redigere norme scritte in modo chiaro, sono ancora molte le leggi italiane scritte male. Per non parlare di quelle più recenti: quelle scritte peggio in assoluto. A prenderne amaramente atto è il pool di esperti della Rete di eccellenza dell’italiano istituzionale (Rei), l'associazione nata a Bruxelles per impulso del dipartimento italiano della Direzione generale per la traduzione della Commissione Europea e presieduta da Michele Cortelazzo, ordinario di Linguistica italiana al Bo. «Tale prospettiva continentale - spiega Cortelazzo - ha permesso di constatare che non solo le leggi italiane sono scritte male, ma pure che la versione nelle altre lingue delle direttive comunitarie si dimostra più vicina alla lingua di uso comune di quanto lo sia l’italiano». Qualche esempio? «Prendiamo l’italiano e l’inglese; per entrambe, esistono liste di parole comuni. Ebbene - continua il docente - mentre in campo giuridico l’inglese usa le parole più facili, l’italiano abbonda invece di quelle più difficili». «Chi sa che significa atto “soprassessorio”? - dice De Mauro - Vuol dire atto “che rinvia”. Questa parola a noi sconosciuta è presente in ben 336 documenti giuridici». La cura, però, esiste e si chiama interazione via web: gli esperti propongono di mettere le leggi in rete. Morena Trolese «Il Mattino di Padova», 28 aprile 2009, p. 17 |