INTRODUZIONE ALLA GRAMMATICA GENERATIVA - Paola Benincà

Lo studio della sintassi

    La sintassi è la componente dello studio del linguaggio che studia le relazioni di ordine (e di forma) fra gli elementi lessicali quando questi formano un sintagma o una frase nelle lingue naturali. Il termine sintassi anche nella grammatica tradizionale significa l'ordinare insieme gli elementi linguistici.
    Anche per la sintassi, come per altri livelli di studio del linguaggio, si osservano sia rapporti fra elementi linguistici compresenti nell'enunciato, nella frase o in sue sottoparti, sia relazioni con altri elementi che non compaiono nell'enunciato: i primi sono detti "rapporti sintagmatici", i secondi "rapporti paradigmatici". La sintassi parte dall'osservazione dei rapporti sintagmatici tra le parole (o i lessemi-morfemi), e sfrutta i rapporti paradigmatici tra elementi presenti e elementi che potrebbero stare in quella posizione, ma non vi compaiono.
    La riflessione sulla grammatica riguardo alla sintassi ha portato a formulare in modo più restrittivo, e quindi più interessante, il confronto fra lingue collegate, arrivando a scoprire via via delle regolarità che rimangono nascoste ad una osservazione 'ingenua' (un'osservazione, cioè, che non utilizza una teoria empirica formale).
    La ricerca linguistica nel campo della teoria della grammatica si propone innanzitutto di descrivere i fatti della lingua, arrivando a ricostruire la rappresentazione che questi hanno nella mente del parlante nativo. Questo livello di descrizione dà la possibilità di scoprire come funziona una lingua e possibilmente perché  funziona in quel modo.

Grammatica ed acquisizione del linguaggio

    Conoscere una lingua come parlanti nativi e acquisirne la competenza comporta costruire la rappresentazione astratta della grammatica della propria lingua, intendendo per "grammatica" un insieme di rappresentazioni (lessicali  e strutturali) e di regole (sintattiche, fonologiche, logico-semantiche), che si applicano alle rappresentazioni stesse e generano ciò che è sistematico nella lingua. Si suppone che rappresentazioni e regole siano costruite sulla base di pochi e forti principi innati di tipo psicologico cognitivo, specializzati per il linguaggio. La teoria della grammatica ha quindi come obiettivo finale quello di costruire un'ipotesi sui principi (psicologici o cognitivi) che spiegano perché una lingua sia costruita in quel modo.
    Ci sono varie considerazioni che portano ragionevolmente a concludere che abbiamo della grammatica della nostra lingua una rappresentazione mentale:

1) conosciamo della nostra lingua cose che nessuno ci ha mai insegnato, che ci mettono in grado di dare giudizi su frasi mai sentite, distinguendo tra frasi grammaticali e frasi agrammaticali;

2) sappiamo produrre nella nostra lingua un'infinita varietà di frasi mai sentite prima, 'nuove' non solo per contenuto ma anche per la loro strutturazione interna.

    La rappresentazione astratta che il parlante nativo ha della grammatica della propria lingua è generativa, cioè comprende non tanto regole esplicite adatte alle frasi empiricamente accertate, ma regole per formare tutte e solo le frasi potenzialmente possibili in quella lingua. In questo senso, il termine "generativo" non va interpretato come metafora di "creativo", che va riservato semmai alle innovazioni del lessico e della semantica, ma piuttosto in senso matematico.
    Scopo ultimo della linguistica, quindi, non è tanto quello di descrivere i prodotti del linguaggio (anche se la descrizione è una fase importante della ricerca) quanto piuttosto di ricostruire la  grammatica che li ha generati e i principi che hanno guidato (e reso possibile) la costruzione stessa della grammatica. Tutto ciò ha anche un interesse più generale: conoscere le proprietà della grammatica di una lingua particolare (e di qui le proprietà che appartengono a tutte le grammatiche) apre l'accesso ad un componente importante del sistema cognitivo della mente umana, diversamente non osservabile.
    Il linguista che deve ricostruire la grammatica di una lingua deve rifare quello che inconsciamente fa un bambino nella fase di apprendimento del linguaggio: formulare delle ipotesi grammaticali. A differenza del linguista, che impiega molto tempo a riconoscere e ricostruire i meccanismi grammaticali, il bambino ha delle intuizioni (derivanti strettamente da principi innati) sulle possibili ipotesi compatibili con i dati particolari ai quali è stato esposto; queste ipotesi sono relativamente poche, perché sono limitate da principi universali su come può essere la grammatica di una lingua umana: questi principi agiscono a livello inconscio. Il linguista invece procede molto lentamente, per tentativi, con ipotesi ed esperimenti consci. Come altre strutture cognitive innate, sia dell'uomo che degli altri esseri viventi, anche quelle che interessano il linguaggio si atrofizzano in una precisa fase dello sviluppo, la pubertà, se non vengono attivate da stimoli adeguati.
    Dall’osservazione dell’acquisizione del linguaggio provengono dunque altri indizi in favore della teoria generativa. Per il bambino che apprende una lingua è sufficiente un corpus primario, cioè i dati linguistici coi quali viene a contatto spontaneamente, senza istruzione specifica, mentre il linguista necessita di un corpus molto più dettagliato ed esperimenti complessi, perché non possiede a livello conscio quelle capacità di analizzare e di scegliere fra possibili strutture alternative che sono presenti a livello inconscio nel bambino e guidano la sua costruzione della grammatica: per il bambino tali capacità sono spontaneamente attive e irriflesse, per l'adulto devono essere ipotizzate e ricostruite in maniera esplicita.
    L’acquisizione del linguaggio è possibile perché, oltre al corpus primario, che è un insieme di dati casuale, non omogeneo per i diversi bambini, non appositamente studiato per lo scopo, il bambino può utilizzare i principi innati della grammatica universale, codificati in qualche forma nella struttura cerebrale degli esseri umani. Anche se non si sa esattamente in quale zona dell'emisfero sinistro (o destro per alcuni mancini) del cervello sia situata la facoltà del linguaggio, essa vi è certamente codificata; lo dimostrano le correlazioni fra patologie localizzate (ictus, traumi, ecc.) e specifici deficit linguistici.

    Il bambino riesce a dominare la grammatica della sua lingua verso i 4-5 anni di età, pur avendo un'incompleta conoscenza del lessico e nessuna esperienza di lingua scritta. La conoscenza del lessico è del resto una conoscenza sempre incompleta: il lessico è una lista aperta che si accresce continuamente, anche perché la lingua stessa cambia il suo lessico, perdendo parole e aggiungendo parole nuove che vengono create dalla comunità, sia sulla base delle proprietà interne della lingua stessa, sia adattando parole di altre lingue in contatto culturale.
    La relativa rapidità con cui un bambino acquisisce il linguaggio, la grammatica della sua lingua, è spiegabile se si suppone che la mente umana alla nascita non sia completamente priva di conoscenze biologicamente determinate e di principi. È stato riconosciuto da tempo per altre facoltà del sistema cognitivo, distinte dal linguaggio, che noi non potremmo avere nessuna esperienza cognitiva (per esempio dello spazio circostante) se i nostri organi sensori non trasmettessero le informazioni a un sistema che è fin dal principio in grado di elaborarli in base a certi principi. Questi principi cognitivi sono stati fissati nella nostra mente dalla selezione naturale e sono diventati parte della nostra dotazione biologica, trasmessa per via genetica: non potrebbero essere appresi.
    Supponiamo quindi che esista nell'essere umano una facoltà innata che lo guida nella costruzione della rappresentazione astratta della lingua cui viene esposto (riguardo a tutte le sue componenti: alfabeti fonologici, caratteristiche morfologiche, sintassi, semantica e lessico). Fin dalle prime fasi della produzione linguistica, il bambino commette degli errori "sistematici" molto interessanti, derivanti dal fatto che egli formula continuamente delle ipotesi di generalizzazione frutto di una teoria inconsciamente formulata, e talvolta fa delle generalizzazioni errate.
    È molto raro che l'errore venga esplicitamente corretto: il bambino si correggerà da solo quando correggerà la sua ipotesi inconscia, sulla base di nuovi dati, o non appena scatterà in lui la maturazione del sistema nervoso e delle facoltà cognitive, che gli consentirà di tener conto di tutta una serie di dati che fino a un dato momento trascura. Si noti che ci sono errori che nessun bambino fa mai, per quanto iniziale sia il suo livello di acquisizione.
    A questo proposito, va tenuto presente che è necessario distinguere nella valutazione dell'acquisizione del linguaggio i fatti legati alla maturazione del sistema nervoso periferico. Dal punto di vista fonologico, per esempio, il bambino è in grado di percepire differenze di articolazioni che l'adulto non coglie: questo non appare molto evidente all'osservazione, perché il bambino può non essere in grado di riprodurle lui stesso finché non giunge a maturazione il suo sistema nervoso periferico; è tuttavia in grado di percepirle con grande finezza, perché l'udito è molto sviluppato nei primi anni di vita e va anzi via via affievolendosi con la crescita, mentre non è altrettanto compiuto il controllo della muscolatura dei suoi organi articolatori.
    Al di là di questi fattori strumentali, si pensa che il bambino esposto ad una produzione linguistica, pur senza stimoli o insegnamenti particolari, metta in moto spontaneamente il meccanismo dell'apprendimento linguistico e sappia interpretare fonemi, parole, frasi, come proiezioni di strutture che possono avere solo alcune forme possibili. In ciò è guidato da principi preesistenti nella sua mente che appartengono al bagaglio cognitivo. Tuttavia, porre unicamente l'accento su questi principi innati non è sufficiente: se il bambino non viene esposto al linguaggio entro una certa età, il suo sistema di acquisizione linguistica si atrofizza.
    Esperimenti in tal senso sono stati compiuti riguardo alle capacità cognitive di animali: un gatto tenuto al buio dalla nascita per un certo periodo perde per sempre la possibilità di acquisire la capacità di distinguere alcune forme. Ci sono, quindi, dei tempi da rispettare ed è necessaria l'esperienza come stimolo per costruire  sistemi di rappresentazione astratti.

La teoria generativa

    Il nucleo di base di questa teoria, nota nel suo insieme come grammatica generativa, o generativo-trasformazionale, è stato proposto negli anni '50 dal linguista americano Noam Chomsky nella sua tesi The Logical Structure of Linguistic Theory che è rimasta inedita fino agli anni '70, ma di cui è stato 'divulgato' il nucleo teorico in un volumetto del 1957, Syntactic structures.
    Egli suppone che l'essere umano sia dotato di un vero e proprio organo mentale o sistema di acquisizione del linguaggio (Language Acquisition Device = LAD). L'idea di un organo precisamente preposto all'apprendimento del linguaggio non è preso alla lettera da tutti gli studiosi. Si può ugualmente pensare che l'apprendimento sia piuttosto legato a principi più generali che regolano tutto il sistema cognitivo umano. Succederebbe per la facoltà mentale preposta al linguaggio quello che succede con gli altri organi del linguaggio; le parti del corpo che l'uomo sfrutta per la produzione linguistica (polmoni, bocca, lingua, faringe, naso) non sono specifici di queste funzioni: in prima istanza sono deputati ad altre funzioni di tipo vitale. Anche la facoltà del linguaggio potrebbe essere un prodotto di altre facoltà cognitive, come la facoltà di concepire concetti astratti e relazioni astratte fra concetti, o di riferirsi a oggetti non presenti e non reali.
    Per ora, non ci sono ragioni decisive che facciano propendere per una teoria o per l'altra: l'unica cosa certa è che il bambino ricostruisce rapidamente la struttura della propria lingua e, su questa base, è in grado di produrre frasi anche senza apprenderne le regole grammaticali in modo esplicito. Alcune scimmie hanno avuto un addestramento molto intenso per portarle a produrre qualcosa di simile al linguaggio umano, naturalmente non articolato ma simbolico, ottenuto usando oggetti molto semplici come cubetti colorati a cui viene attribuito un valore convenzionale. A quanto pare, è possibile portarle a costruire frasi per giustapposizione degli elementi, ed anche a comporre i simboli in modo creativo: ad esempio, a quanto pare, una scimmia ha 'creato' una parola per indicare il frigorifero unendo i simboli che già conosceva indicanti 'scatola' e 'freddo'. Una differenza fondamentale con gli animali più intelligenti, come certe specie di scimmie, è la possibilità di esprimere linguisticamente non tanto i concetti quanto le relazioni fra i concetti, cioè i predicati. A quanto pare, la capacità di costruire predicazioni è un limite assoluto anche per gli animali più evoluti.

    Come dicevamo, compito del linguista è di individuare principi grammaticali universali attraverso l'analisi e la descrizione della grammatica di singole lingue. Il fatto di porre l'accento su questo compito astratto e ambizioso non svaluta i vari e diversificati modi di affrontare lo studio del linguaggio: al contrario, anche la semplice osservazione dettagliata permette di formulare ipotesi o di controllarle attraverso dati effettivi (che hanno la funzione di esperimento). D'altra parte, a sua volta la formulazione di ipotesi teoriche, anche circoscritte, ha l'effetto di stimolo all'osservazione di fenomeni del linguaggio che altrimenti passerebbero inosservati.
 

a cura di Nicoletta Penello - nicoletta.penello@unipd.it                                                                                Ultima modifica: 07 luglio 2003