Lo studio della sintassi
La sintassi è la componente dello studio del linguaggio
che
studia le relazioni di ordine (e di forma) fra gli elementi lessicali
quando
questi formano un sintagma o una frase nelle lingue naturali. Il
termine
sintassi
anche
nella grammatica tradizionale significa l'ordinare insieme gli elementi
linguistici.
Anche per la sintassi, come per altri livelli di studio del linguaggio,
si osservano sia rapporti fra elementi linguistici compresenti
nell'enunciato,
nella frase o in sue sottoparti, sia relazioni con altri elementi che
non
compaiono nell'enunciato: i primi sono detti "rapporti sintagmatici", i
secondi "rapporti paradigmatici". La sintassi parte dall'osservazione
dei
rapporti sintagmatici tra le parole (o i lessemi-morfemi), e sfrutta i
rapporti paradigmatici tra elementi presenti e elementi che potrebbero
stare in quella posizione, ma non vi compaiono.
La riflessione sulla grammatica riguardo alla sintassi ha portato a
formulare
in modo più restrittivo, e quindi più interessante, il
confronto
fra lingue collegate, arrivando a scoprire via via delle
regolarità
che rimangono nascoste ad una osservazione 'ingenua' (un'osservazione,
cioè, che non utilizza una teoria empirica formale).
La ricerca linguistica nel campo della teoria della grammatica si
propone
innanzitutto di descrivere i fatti della lingua, arrivando a
ricostruire
la rappresentazione che questi hanno nella mente del parlante nativo.
Questo
livello di descrizione dà la possibilità di scoprire come
funziona una lingua e possibilmente perché funziona in
quel
modo.
Grammatica ed acquisizione del linguaggio
Conoscere una lingua come parlanti nativi e acquisirne la competenza
comporta
costruire la rappresentazione astratta della grammatica della propria
lingua,
intendendo per "grammatica" un insieme di rappresentazioni
(lessicali
e strutturali) e di regole (sintattiche, fonologiche,
logico-semantiche),
che si applicano alle rappresentazioni stesse e generano ciò che
è sistematico nella lingua. Si suppone che rappresentazioni e
regole
siano costruite sulla base di pochi e forti principi innati di tipo
psicologico
cognitivo, specializzati per il linguaggio. La teoria della grammatica
ha quindi come obiettivo finale quello di costruire un'ipotesi sui
principi
(psicologici o cognitivi) che spiegano perché una lingua sia
costruita
in quel modo.
Ci sono varie considerazioni che portano ragionevolmente a concludere
che
abbiamo della grammatica della nostra lingua una rappresentazione
mentale:
1) conosciamo della nostra lingua cose che nessuno ci ha mai insegnato, che ci mettono in grado di dare giudizi su frasi mai sentite, distinguendo tra frasi grammaticali e frasi agrammaticali;
2) sappiamo produrre nella nostra lingua un'infinita varietà di frasi mai sentite prima, 'nuove' non solo per contenuto ma anche per la loro strutturazione interna.
La rappresentazione astratta che il parlante nativo ha della grammatica
della propria lingua è generativa, cioè comprende
non tanto regole esplicite adatte alle frasi empiricamente accertate,
ma
regole per formare tutte e solo le frasi potenzialmente possibili in
quella
lingua. In questo senso, il termine "generativo" non va interpretato
come
metafora di "creativo", che va riservato semmai alle innovazioni del
lessico
e della semantica, ma piuttosto in senso matematico.
Scopo ultimo della linguistica, quindi, non è tanto quello di
descrivere
i prodotti del linguaggio (anche se la descrizione è una fase
importante
della ricerca) quanto piuttosto di ricostruire la grammatica che
li ha generati e i principi che hanno guidato (e reso possibile) la
costruzione
stessa della grammatica. Tutto ciò ha anche un interesse
più
generale: conoscere le proprietà della grammatica di una lingua
particolare (e di qui le proprietà che appartengono a tutte le
grammatiche)
apre l'accesso ad un componente importante del sistema cognitivo della
mente umana, diversamente non osservabile.
Il linguista che deve ricostruire la grammatica di una lingua deve
rifare
quello che inconsciamente fa un bambino nella fase di apprendimento del
linguaggio: formulare delle ipotesi grammaticali. A differenza del
linguista,
che impiega molto tempo a riconoscere e ricostruire i meccanismi
grammaticali,
il bambino ha delle intuizioni (derivanti strettamente da principi
innati)
sulle possibili ipotesi compatibili con i dati particolari ai quali
è
stato esposto; queste ipotesi sono relativamente poche, perché
sono
limitate da principi universali su come può essere la grammatica
di una lingua umana: questi principi agiscono a livello inconscio. Il
linguista
invece procede molto lentamente, per tentativi, con ipotesi ed
esperimenti
consci. Come altre strutture cognitive innate, sia dell'uomo che degli
altri esseri viventi, anche quelle che interessano il linguaggio si
atrofizzano
in una precisa fase dello sviluppo, la pubertà, se non vengono
attivate
da stimoli adeguati.
Dall’osservazione dell’acquisizione del linguaggio provengono dunque
altri
indizi in favore della teoria generativa. Per il bambino che apprende
una
lingua è sufficiente un corpus primario, cioè i
dati
linguistici coi quali viene a contatto spontaneamente, senza istruzione
specifica, mentre il linguista necessita di un corpus molto
più
dettagliato ed esperimenti complessi, perché non possiede a
livello
conscio quelle capacità di analizzare e di scegliere fra
possibili
strutture alternative che sono presenti a livello inconscio nel bambino
e guidano la sua costruzione della grammatica: per il bambino tali
capacità
sono spontaneamente attive e irriflesse, per l'adulto devono essere
ipotizzate
e ricostruite in maniera esplicita.
L’acquisizione del linguaggio è possibile perché, oltre
al
corpus
primario,
che è un insieme di dati casuale, non omogeneo per i diversi
bambini,
non appositamente studiato per lo scopo, il bambino può
utilizzare
i principi innati della grammatica universale, codificati in qualche
forma
nella struttura cerebrale degli esseri umani. Anche se non si sa
esattamente
in quale zona dell'emisfero sinistro (o destro per alcuni mancini) del
cervello sia situata la facoltà del linguaggio, essa vi è
certamente codificata; lo dimostrano le correlazioni fra patologie
localizzate
(ictus, traumi, ecc.) e specifici deficit linguistici.
Il bambino riesce a dominare la grammatica della sua lingua verso i 4-5
anni di età, pur avendo un'incompleta conoscenza del lessico e
nessuna
esperienza di lingua scritta. La conoscenza del lessico è del
resto
una conoscenza sempre incompleta: il lessico è una lista aperta
che si accresce continuamente, anche perché la lingua stessa
cambia
il suo lessico, perdendo parole e aggiungendo parole nuove che vengono
create dalla comunità, sia sulla base delle proprietà
interne
della lingua stessa, sia adattando parole di altre lingue in contatto
culturale.
La relativa rapidità con cui un bambino acquisisce il
linguaggio,
la grammatica della sua lingua, è spiegabile se si suppone che
la
mente umana alla nascita non sia completamente priva di conoscenze
biologicamente
determinate e di principi. È stato riconosciuto da tempo per
altre
facoltà del sistema cognitivo, distinte dal linguaggio, che noi
non potremmo avere nessuna esperienza cognitiva (per esempio dello
spazio
circostante) se i nostri organi sensori non trasmettessero le
informazioni
a un sistema che è fin dal principio in grado di elaborarli in
base
a certi principi. Questi principi cognitivi sono stati fissati nella
nostra
mente dalla selezione naturale e sono diventati parte della nostra
dotazione
biologica, trasmessa per via genetica: non potrebbero essere appresi.
Supponiamo quindi che esista nell'essere umano una facoltà
innata
che lo guida nella costruzione della rappresentazione astratta della
lingua
cui viene esposto (riguardo a tutte le sue componenti: alfabeti
fonologici,
caratteristiche morfologiche, sintassi, semantica e lessico). Fin dalle
prime fasi della produzione linguistica, il bambino commette degli
errori
"sistematici" molto interessanti, derivanti dal fatto che egli formula
continuamente delle ipotesi di generalizzazione frutto di una teoria
inconsciamente
formulata, e talvolta fa delle generalizzazioni errate.
È molto raro che l'errore venga esplicitamente corretto: il
bambino
si correggerà da solo quando correggerà la sua ipotesi
inconscia,
sulla base di nuovi dati, o non appena scatterà in lui la
maturazione
del sistema nervoso e delle facoltà cognitive, che gli
consentirà
di tener conto di tutta una serie di dati che fino a un dato momento
trascura.
Si noti che ci sono errori che nessun bambino fa mai, per quanto
iniziale
sia il suo livello di acquisizione.
A questo proposito, va tenuto presente che è necessario
distinguere
nella valutazione dell'acquisizione del linguaggio i fatti legati alla
maturazione del sistema nervoso periferico. Dal punto di vista
fonologico,
per esempio, il bambino è in grado di percepire differenze di
articolazioni
che l'adulto non coglie: questo non appare molto evidente
all'osservazione,
perché il bambino può non essere in grado di riprodurle
lui
stesso finché non giunge a maturazione il suo sistema nervoso
periferico;
è tuttavia in grado di percepirle con grande finezza,
perché
l'udito è molto sviluppato nei primi anni di vita e va anzi via
via affievolendosi con la crescita, mentre non è altrettanto
compiuto
il controllo della muscolatura dei suoi organi articolatori.
Al di là di questi fattori strumentali, si pensa che il bambino
esposto ad una produzione linguistica, pur senza stimoli o insegnamenti
particolari, metta in moto spontaneamente il meccanismo
dell'apprendimento
linguistico e sappia interpretare fonemi, parole, frasi, come
proiezioni
di strutture che possono avere solo alcune forme possibili. In
ciò
è guidato da principi preesistenti nella sua mente che
appartengono
al bagaglio cognitivo. Tuttavia, porre unicamente l'accento su questi
principi
innati non è sufficiente: se il bambino non viene esposto al
linguaggio entro una certa età, il suo sistema di acquisizione
linguistica
si atrofizza.
Esperimenti in tal senso sono stati compiuti riguardo alle
capacità
cognitive di animali: un gatto tenuto al buio dalla nascita per un
certo
periodo perde per sempre la possibilità di acquisire la
capacità
di distinguere alcune forme. Ci sono, quindi, dei tempi da rispettare
ed
è necessaria l'esperienza come stimolo per costruire
sistemi
di rappresentazione astratti.
La teoria generativa
Il nucleo di base di questa teoria, nota nel suo insieme come grammatica
generativa, o generativo-trasformazionale, è stato
proposto
negli anni '50 dal linguista americano Noam Chomsky nella sua tesi The
Logical Structure of Linguistic Theory che è rimasta
inedita
fino agli anni '70, ma di cui è stato 'divulgato' il nucleo
teorico
in un volumetto del 1957, Syntactic structures.
Egli suppone che l'essere umano sia dotato di un vero e proprio organo
mentale o sistema di acquisizione del linguaggio (Language
Acquisition
Device = LAD). L'idea di un organo precisamente preposto
all'apprendimento
del linguaggio non è preso alla lettera da tutti gli studiosi.
Si
può ugualmente pensare che l'apprendimento sia piuttosto legato
a principi più generali che regolano tutto il sistema cognitivo
umano. Succederebbe per la facoltà mentale preposta al
linguaggio
quello che succede con gli altri organi del linguaggio; le parti del
corpo
che l'uomo sfrutta per la produzione linguistica (polmoni, bocca,
lingua,
faringe, naso) non sono specifici di queste funzioni: in prima istanza
sono deputati ad altre funzioni di tipo vitale. Anche la facoltà
del linguaggio potrebbe essere un prodotto di altre facoltà
cognitive,
come la facoltà di concepire concetti astratti e relazioni
astratte
fra concetti, o di riferirsi a oggetti non presenti e non reali.
Per ora, non ci sono ragioni decisive che facciano propendere per una
teoria
o per l'altra: l'unica cosa certa è che il bambino ricostruisce
rapidamente la struttura della propria lingua e, su questa base,
è
in grado di produrre frasi anche senza apprenderne le regole
grammaticali
in modo esplicito. Alcune scimmie hanno avuto un addestramento molto
intenso
per portarle a produrre qualcosa di simile al linguaggio umano,
naturalmente
non articolato ma simbolico, ottenuto usando oggetti molto semplici
come
cubetti colorati a cui viene attribuito un valore convenzionale. A
quanto
pare, è possibile portarle a costruire frasi per
giustapposizione
degli elementi, ed anche a comporre i simboli in modo creativo: ad
esempio,
a quanto pare, una scimmia ha 'creato' una parola per indicare il
frigorifero
unendo i simboli che già conosceva indicanti 'scatola' e
'freddo'.
Una differenza fondamentale con gli animali più intelligenti,
come
certe specie di scimmie, è la possibilità di esprimere
linguisticamente
non tanto i concetti quanto le relazioni fra i concetti, cioè i
predicati. A quanto pare, la capacità di costruire predicazioni
è un limite assoluto anche per gli animali più evoluti.
Come dicevamo, compito del linguista è di individuare principi
grammaticali
universali attraverso l'analisi e la descrizione della grammatica di
singole
lingue. Il fatto di porre l'accento su questo compito astratto e
ambizioso
non svaluta i vari e diversificati modi di affrontare lo studio del
linguaggio:
al contrario, anche la semplice osservazione dettagliata permette di
formulare
ipotesi o di controllarle attraverso dati effettivi (che hanno la
funzione
di esperimento). D'altra parte, a sua volta la formulazione di ipotesi
teoriche, anche circoscritte, ha l'effetto di stimolo all'osservazione
di fenomeni del linguaggio che altrimenti passerebbero inosservati.