1. Titolo dell’atto legislativo.
a) Nel titolo dell’atto legislativo è esplicitato almeno
l’oggetto principale della disciplina normativa. Non sono quindi
adottate né espressioni generiche, né semplici citazioni per data e
numero di promulgazione o emanazione di leggi e decreti (c.d. titoli
"muti"). Il titolo dei progetti di legge è pertanto adeguatamente
riformulato se, nel corso dell’iter, vengono introdotte rilevanti
modifiche. Nel titolo sono in particolare specificati i seguenti
elementi, ove essi costituiscano il contenuto esclusivo o prevalente
dell’atto: 1) la presenza di deleghe legislative; 2) l’atto o gli
atti oggetto di modifica; 3) la normativa comunitaria recepita o la
modifica di atti di recepimento, indicando sempre la normativa
comunitaria di riferimento; 4) il carattere derogatorio rispetto
alla legislazione vigente. Nel titolo è inoltre indicato l’oggetto
delle disposizioni tributarie eventualmente contenute nell’atto (articolo 2, comma 1, della
legge 27 luglio 2000, n. 212).
2. Aspetti generali dell’atto legislativo.
a) L’atto legislativo disciplina materia omogenea. La
ripartizione delle materie all’interno dell’atto è operata
assicurando il carattere omogeneo di ciascuna partizione, ivi
compreso l’articolo, nonchè di ciascun comma all’interno
dell’articolo.
b) Ogni precetto normativo contenuto nell’atto è formulato
evitando qualsiasi ambiguità semantica e sintattica e rispettando,
per quanto possibile, sia il principio della semplicità che quello
della precisione.
c) Le disposizioni derogatorie e quelle che
disciplinano casi particolari richiamano la disposizione generale
cui fanno eccezione.
d) Le disposizioni contenenti deleghe
legislative, ai sensi dell’articolo 76 della Costituzione, recano i seguenti elementi: 1) il destinatario della delega (il Governo);
2) il termine per l’esercizio della delega e
l’eventuale termine per l’emanazione di disposizioni integrative o
correttive; 3) l’oggetto della delega; 4) i principi e i criteri
direttivi (che devono essere distinti dall’oggetto della delega). Il
termine "delega" è usato esclusivamente in presenza di una
delegazione legislativa con la formula: "Il Governo è delegato ad
adottare...". È inoltre sempre indicata la denominazione propria
dell’atto da emanare (decreto legislativo) ed è precisato se la
delega può essere esercitata con uno o più atti. Le disposizioni di
delega sono contenute in un apposito articolo. Un articolo non può
contenere più di una disposizione di delega.
e) Le disposizioni
che attribuiscono al Governo un potere regolamentare specificano
sempre se si tratta di regolamenti di esecuzione, di
delegificazione, di organizzazione o ministeriali, richiamando
espressamente, a seconda dei casi, i relativi commi dell’articolo 17 della legge 23
agosto 1988, n. 400. Nel caso di regolamenti di
delegificazione sono altresì indicate le norme generali regolatrici
della materia.
f) Le disposizioni che prevedono l’emanazione di
un testo unico indicano sempre se il predetto testo è retto da una
delega legislativa o da una mera autorizzazione alla raccolta di
norme, nonchè se il testo unico deve essere redatto ai sensi dell’articolo 7 della legge 8 marzo 1999, n. 50, ovvero secondo un’autonoma disciplina.
g) Le disposizioni che prevedono una pronuncia parlamentare su atti o schemi di atti non individuano l’organo parlamentare competente (salva l’attribuzione per legge della predetta pronuncia ad un organismo bicamerale) e prevedono la trasmissione dell’atto "al Parlamento".
h) Le disposizioni che prevedono adempimenti a carico delle regioni o degli enti locali o che delegano, trasferiscono o conferiscono compiti e funzioni non individuano direttamente gli organi competenti né il tipo di atto da emanare.
RACCOMANDAZIONI
Qualora l’atto legislativo contenga una disciplina organica di
una determinata materia, si raccomanda che l’ordine delle
disposizioni contenute nell’atto osservi la seguente sequenza:
a) parte introduttiva, contenente "disposizioni generali":
finalità dell’atto e principi generali espressi in modo da
facilitarne l’interpretazione (sono da escludere norme meramente
programmatiche o semplici dichiarazioni di intenti non attinenti
alle finalità dell’atto); ambito di operatività dell’atto, con una
definizione, chiara ma non rigida, del campo di applicazione, sia
oggettivo che soggettivo; definizioni;
b) parte principale, contenente: disposizioni sostanziali e
procedurali relative alla materia disciplinata; eventuali previsioni
sanzionatorie; indicazione delle strutture pubbliche coinvolte
nell’intervento normativo (copertura amministrativa) e disposizioni
finanziarie;
c) parte finale, contenente: disposizioni relative
all’attuazione dell’atto; disposizioni di coordinamento normativo
(volte a chiarire anche l’ambito di applicazione delle nuove
disposizioni relativamente ad altre già vigenti); disposizioni
abrogative; disposizioni transitorie;
d) disposizioni
sull’entrata in vigore dell’atto e sulla decorrenza (o scadenza) di
efficacia di singole disposizioni.
Occorre distinguere le finalità da elementi delle fattispecie da
disciplinare. È opportuno non inserire in ogni disposizione le
finalità, raggruppandole nella parte introduttiva.
In un atto che contenga principi fondamentali per l’esercizio, da
parte delle regioni, della potestà legislativa concorrente di cui
all’articolo 117 della Costituzione, è opportuno che i predetti
principi siano collocati in una parte dell’atto diversa da quella
eventualmente contenente norme immediatamente applicabili in assenza
di leggi regionali ovvero applicabili a decorrere da una data
prefissata, in caso di mancato adeguamento della legislazione
regionale ai principi medesimi.
Le disposizioni concernenti la
copertura finanziaria sono preferibilmente accorpate in un unico
articolo.
È opportuno che le disposizioni transitorie indichino
un ambito temporale definito per la loro applicazione.
È
opportuno che ciascun articolo sia costituito da un numero limitato
di commi.
3. Rapporti tra atti normativi.
a) È privilegiata la modifica testuale ("novella") di atti
legislativi vigenti, evitando modifiche implicite o indirette.
b) Non si ricorre alla tecnica della novellazione nel caso di
norma transitoria, con particolare riguardo a testi unici.
c) Se
un atto ha subito modifiche, eventuali "novelle" sono riferite
all’atto modificato e non agli atti modificanti.
d) Occorre
inserire correttamente eventuali termini per l’adozione di atti
previsti da una "novella": infatti l’espressione "dalla data di
entrata in vigore della presente legge (o del presente decreto)",
inserita nella "novella", comporta la decorrenza dalla data di
entrata in vigore dell’atto modificato. Pertanto, ove si intenda far
decorrere il termine dalla data di entrata in vigore dell’atto modificante, occorre inserirlo in autonoma disposizione posta fuori della "novella".
e) Non si ricorre all’atto legislativo per apportare modifiche frammentarie ad atti non aventi forza di legge, al fine di evitare che questi ultimi presentino un diverso grado di "resistenza" ad interventi modificativi successivi.
f) Qualora si intenda disciplinare con legge una materia già oggetto di delegificazione, si opera non mediante "novella" di atti di rango subprimario, bensì mediante autonoma disposizione legislativa chiarendo: 1) ove possibile, le parti dell’atto secondario che sono abrogate; 2) se la modifica comporta anche un aggiornamento dei principi della delegificazione; 3) se in futuro permane l’autorizzazione già conferita al Governo a disciplinare la materia con regolamento.
g) La cosiddetta formula abrogativa esplicita innominata (del genere: "tutte le disposizioni incompatibili con la presente legge sono abrogate") non è utilizzata. Essa è superflua, essendo una inutile e, al limite, equivoca ripetizione del principio stabilito, in via generale, sulla abrogazione implicita dall’articolo 15 delle disposizioni sulla legge in generale.
h) Nell’incertezza circa la completezza dell’elenco delle disposizioni abrogate, per mettere in evidenza che tale elenco (comunque preferibile a formule generiche o implicite di abrogazione) può non essere esaustivo, si utilizza la seguente formula: "Sono abrogate, in particolare, le seguenti disposizioni:".
i) Ove con l’atto legislativo si intendano fissare principi fondamentali per le regioni ai sensi dell’articolo 117 della Costituzione, tale intento deve risultare chiaramente esplicitato.
l) La disposizione con la quale si intende interpretare autenticamente altra precedente disposizione è formulata utilizzando la seguente espressione: "Il comma ... dell’articolo ... della legge ... si interpreta nel senso che...". L’intento di interpretare autenticamente altra precedente disposizione è chiaramente esplicitato e, ove l’atto sia rubricato, deve risultare nella rubrica dell’articolo (in particolare, per le disposizioni tributarie, si veda l’articolo 1, comma 2, della legge n. 212 del 2000). Deve risultare comunque chiaro se ci si trovi in presenza di una disposizione di interpretazione autentica ovvero di una
disposizione di modifica sostanziale alla quale si vuole dare effetto retroattivo. L’articolo 3 della legge n. 212 del 2000 vieta peraltro di attribuire effetto retroattivo alle disposizioni tributarie.
m) La modifica a norme dei testi unici "misti" previsti dall’articolo 7 della legge n. 50 del 1999 è fatta unicamente al decreto del Presidente della Repubblica (cosiddetto
testo A) contenente sia le disposizioni legislative sia quelle regolamentari. In caso di sostituzione o aggiunta di articoli o commi è necessario precisare, apponendo la lettera L o R, il rango della disposizione oggetto di modifica. Ove la modifica sostituisca un intero articolo, o introduca un articolo aggiuntivo, la novella reca, dopo la parola "ART.", la lettera (L o R) corrispondente alla fonte che opera la modifica. Se la modifica comporta la sostituzione o l’aggiunta di un comma all’interno di un articolo a contenuto "misto", la lettera (L o R) è posta in calce al comma stesso. Se la sostituzione riguarda singole parole, tale indicazione è invece omessa, fermo restando che modifiche a parti di testo di livello
inferiore al comma possono essere apportate solo da atti di fonte pariordinata.
RACCOMANDAZIONI
È opportuno che ogni atto legislativo contenga una disposizione che indichi espressamente le disposizioni abrogate in quanto incompatibili con la nuova disciplina recata.
Analoga previsione è contenuta nelle disposizioni legislative di delegificazione, nel quale caso l’abrogazione ha effetto dalla data di entrata in vigore delle norme regolamentari.
4. Terminologia.
a) Per evitare equivoci o dubbi interpretativi e per agevolare la
ricerca elettronica dei testi, i medesimi concetti ed istituti sono
individuati con denominazioni identiche sia nel titolo sia nei vari
articoli e negli allegati, senza fare ricorso a sinonimi. I concetti
e gli istituti utilizzati in un atto sono gli stessi utilizzati in
precedenti atti normativi per le medesime fattispecie, salvo che il
fine esplicito della disposizione sia di rinominarli.
b) Nella formulazione dei precetti è adottata la massima
uniformità nell’uso dei modi verbali, la regola essendo costituita dall’indicativo presente, escludendo sia il modo congiuntivo sia il tempo futuro.
c) È evitato l’uso del verbo servile diretto a sottolineare la imperatività della norma ("deve"; "ha l’obbligo di"; "è tenuto a").
d) È evitata la forma passiva (in particolare il "si" passivante) quando con il suo impiego non risulta chiaro l’agente o il destinatario cui la disposizione si riferisce.
e) È evitata la doppia negazione.
f) Se in un atto legislativo si intende porre una formulazione disgiuntiva assoluta ("aut... aut") e non relativa ("vel") e dal contesto non risulta evidente tale intento, il dubbio è sciolto ripetendo la disgiunzione "o" due
volte. È evitato l’impiego dell’espressione "e/o".
g) Nell’uso di una enumerazione è espresso chiaramente il carattere tassativo o esemplificativo della stessa.
h) Qualora sia necessario ripetere più volte in uno stesso testo la medesima espressione composta, è consentita la sua sostituzione con una denominazione abbreviata, riportando nella prima citazione l’espressione stessa per esteso seguita dalla denominazione abbreviata che sarà usata al suo posto, preceduta dalle parole "di seguito denominato/a".
i) Il verbo "abrogare" è utilizzato con riferimento a disposizioni di atti legislativi di livello non inferiore al comma (o alla lettera se il comma è diviso in lettere; oppure al numero o alla ulteriore unità minima in cui è ripartito il numero). Quando si intenda invece
riferirsi a periodi (frasi sintatticamente complete che terminano con il punto) o parole è usato il verbo "sopprimere" (ad esempio: "Il comma ... è abrogato"; "Il terzo periodo del comma ... è soppresso"; "Al comma ... le parole: ... sono soppresse").
l) Per evitare forme enfatiche di redazione del testo, le lettere iniziali maiuscole sono limitate ai soli casi di uso corrente. In ogni caso, all’interno di uno stesso testo legislativo, si seguono criteri rigorosamente uniformi.
m) È evitato l’uso di termini stranieri, salvo che siano entrati nell’uso della lingua italiana e non abbiano sinonimi in tale lingua di uso corrente.
n) La parola straniera assunta nella lingua italiana è usata esclusivamente al singolare,
salvo i casi già entrati nell’uso.
o) Con riferimento a termini, è usata l’espressione "proroga" quando il termine non è ancora scaduto e l’espressione "differimento" quando il termine è già scaduto.
p) Nel caso di procedure volte a consentire una manifestazione concorde di volontà da parte di più soggetti pubblici, sono usati, a seconda dei casi: 1) il termine "intesa" per
le procedure tra soggetti appartenenti a enti diversi (ad esempio, tra Stato, regioni ed altri enti territoriali); 2) il termine "concerto" per le procedure tra più soggetti appartenenti allo stesso ente (ad esempio, tra diversi Ministri).
RACCOMANDAZIONI
I termini attinti dal linguaggio giuridico o da un linguaggio tecnico sono impiegati in modo appropriato, tenendo conto del significato loro assegnato dalla scienza o tecnica che li concerne. Se un termine tecnico-giuridico ha un significato diverso da quello
che lo stesso termine ha nel linguaggio corrente, occorre fare in modo che dal contesto sia chiaro in quale delle due accezioni il termine è impiegato.
È opportuno ricorrere a definizioni allorchè i termini utilizzati
non siano di uso corrente, non abbiano un significato giuridico già definito in quanto utilizzati in altri atti normativi ovvero siano utilizzati con significato diverso sia da quello corrente sia da quello giuridico.
È opportuno che i termini stranieri entrati nell’uso della lingua italiana e privi di sinonimi in tale lingua di uso corrente siano corredati da una definizione.
È opportuno che, ove si ricorra a denominazioni abbreviate ai sensi della lettera h),
queste contengano almeno una parola che specifichi il contenuto relativamente alla materia trattata, al fine di agevolare la ricerca elettronica.
È opportuno che, ove siano previsti termini, questi siano espressi in mesi (anzichè in giorni o anni), salvo che la disposizione fissi una data determinata.
Con riferimento a quanto previsto alla lettera p), ove non sia possibile fare ricorso ai
termini "intesa" e "concerto", si raccomanda l’uso del termine "accordo", in particolare con riferimento ai rapporti tra pubbliche amministrazioni e privati.
5. Numerazione e rubricazione degli articoli.
a) Gli articoli degli atti legislativi recano una numerazione
progressiva secondo la serie naturale dei numeri cardinali. Pertanto
anche nel caso di atti consistenti di un articolo unico, detto
articolo è contrassegnato come "ART. 1".
b) Oltre alla numerazione progressiva secondo la serie naturale
dei numeri cardinali, gli articoli recano, di norma, anche una
rubrica. In ogni caso si segue il criterio della uniformità: o di
rubriche sono corredati tutti gli articoli o nessuno lo è. Recano
sempre una rubrica gli articoli dei disegni di legge finanziaria,
comunitaria, dei disegni di legge collegati alla manovra
finanziaria, nonchè degli atti contenenti deleghe legislative e
disposizioni di delegificazione. L’articolo unico, peraltro, non è
corredato di rubrica.
6. Numerazione e rubricazione degli articoli
aggiuntivi.
a) Gli articoli aggiuntivi, da inserire con "novelle" in testi
legislativi previgenti, sono contrassegnati con il numero cardinale
dell’articolo dopo il quale devono essere collocati, integrato con
l’avverbio numerale latino (bis, ter, quater, eccetera).
b) Il tipo di numerazione di cui alla lettera a) è adottato anche
per gli articoli aggiuntivi inseriti dopo l’ultimo articolo del
testo previgente.
c) Anche in caso di articolo unico non recante
la numerazione cardinale, gli articoli aggiuntivi sono denominati:
ART. 1-bis, ART. 1-ter, e via dicendo.
d) Articoli aggiuntivi
che debbano essere collocati prima dell’articolo 1 di un atto
legislativo previgente o dell’articolo unico non recante la
numerazione cardinale sono contrassegnati con i numeri "01", "02",
"03", eccetera.
e) Gli articoli da inserire in testi legislativi
previgenti, e che si renda indispensabile collocare in posizione
intermedia tra articoli aggiunti successivamente al testo
originario, sono contrassegnati con il numero dell’articolo dopo il
quale vengono inseriti, integrato da un numero cardinale (l’articolo
inserito tra l’1-bis e l’1-ter diviene quindi 1-bis.1). L’articolo
inserito tra l’1 e l’1-bis è denominato 1.1 . Un ulteriore articolo
inserito tra l’1.1 e l’1-bis, successivo all’1.1, è indicato come
1.1.1., e così di seguito.
f) Gli articoli aggiuntivi, per la
rubricazione, si conformano alla impostazione del testo nel quale
vanno ad inserirsi: tali articoli sono pertanto dotati di rubrica
solo nel caso in cui gli articoli di quel testo ne siano dotati, a
meno che, con espressa decisione, non si stabilisca di apporre
rubriche anche ai rimanenti articoli dell’atto legislativo.
7. Partizioni interne degli articoli.
a) Ogni articolo si divide soltanto in commi. Il comma termina
con il punto a capo.
b) Tutti gli atti legislativi sono redatti con i commi
numerati.
c) In uno stesso articolo, i commi sono contrassegnati
con i numeri cardinali, seguiti dal punto.
d) Il comma unico di
un articolo è contrassegnato con il numero cardinale "1".
e) Ogni
comma può suddividersi in periodi, cioè in frasi sintatticamente
complete che terminano con il punto, senza andare a capo. Si va a
capo soltanto alla fine del comma. Le uniche eccezioni ammissibili
sono: la suddivisione del comma in lettere anzichè in periodi; il
comma che reca una "novella". Nei riferimenti normativi
l’espressione " periodo" è impiegata esclusivamente con riferimento
a frasi che terminano con il punto. L’espressione "capoverso" è
utilizzata esclusivamente in presenza di "novelle", secondo quanto
previsto al numero 9, lettera f).
f) Quando il comma si suddivide
in lettere (seguite dalla parentesi), si va a capo dopo i due punti
con cui termina la parte introduttiva del comma stesso (denominata
"alinea"), nonchè alla fine di ogni lettera; non si va a capo
all’interno di una lettera, a meno che questa, a sua volta, non si
suddivida in numeri, nel qual caso si va a capo sia dopo l’alinea
della lettera sia alla fine di ogni numero. Qualora si renda
necessario introdurre una ulteriore ripartizione all’interno del
numero, si fa ricorso alla suddivisione: 1.1, 1.2, 1.3, eccetera. Al
termine di una partizione in lettere o numeri non è ammesso
l’inserimento di un periodo autonomo rispetto alla lettera o al
numero prima di passare al comma o alla lettera successivi.
g) Le
lettere utilizzabili all’interno di un comma sono quelle
dell’alfabeto italiano (non quindi le lettere j, k, w, x, y). Se le
lettere dell’alfabeto non sono sufficienti ad esaurire la
elencazione, si prosegue a lettere raddoppiate (aa), bb), cc)) e, se
occorre, triplicate (aaa), bbb), ccc)), e così via.
h) L’impiego
dei numeri cardinali seguiti dalla parentesi, per contrassegnare le
suddivisioni interne ad un comma, è consentito soltanto all’interno
di una suddivisione in lettere, non in alternativa a questa.
i)
L’impiego di trattini o di altri segni per contraddistinguere
partizioni interne di un comma diverse dai periodi, dalle lettere e
dai numeri non è consentito.
8. Partizioni dell’atto legislativo di livello
superiore all’articolo.
a) Le partizioni che contraddistinguono articoli singoli e gruppi
di articoli all’interno di un atto legislativo sono denominate in
modo uniforme con i seguenti termini: sezione, capo, titolo, parte,
libro. Tali partizioni, ove utilizzate, comprendono tutti gli
articoli dell’atto.
b) Per l’uso delle partizioni di cui alla lettera a), si adotta
la sequenza: capo, come partizione di primo livello, recante uno o
più articoli, eventualmente scomponibile in sezioni; titolo, come
partizione di secondo livello, comprendente uno o più capi; parte,
come partizione di terzo livello, comprendente uno o più titoli;
libro, come partizione di quarto livello, comprendente una o più
parti.
c) In riferimento alla sequenza di cui alla lettera b), è
escluso l’impiego di una partizione superiore quando non sia stata
utilizzata quella inferiore. Fa eccezione la sezione, che può essere
utilizzata solo come eventuale partizione interna di un capo.
d)
Le partizioni di livello superiore all’articolo possono essere
corredate di rubriche, purchè sia rispettato il principio della
uniformità enunciato al numero 5.
e) Le partizioni di livello
superiore all’articolo recano una numerazione continua all’interno
di ogni partizione immediatamente superiore. Ogni partizione è
contrassegnata con un numero progressivo in cifre romane.
9. Norme recanti "novelle".
a) Le norme recanti "novelle" si compongono di due parti: la
parte introduttiva (denominata "alinea") e la parte consistente
nella "novella" in senso stretto. Questa può comprendere uno o più
capoversi, come previsto alla lettera f).
b) L’alinea della norma recante "novella" contiene il dispositivo
volto a precisare il rapporto, di sostituzione o di
integrazione, tra la norma previgente e quella recata dalla
"novella": esso termina con i due punti, ai quali fa seguito la
parte novellistica, inscritta fra virgolette, in apertura e in
chiusura.
c) L’alinea non si limita a stabilire, genericamente,
l’inserimento o l’aggiunta della "novella" nel testo previgente, ma
indica sempre l’esatta collocazione della parte novellistica in
detto testo, precisando quindi dopo quali parole o dopo quale comma
o dopo quale articolo la "novella" vada inserita.
d) La
"novella" redatta in termini di sostituzione integrale di un
articolo, di un comma numerato, di una lettera o di un numero
ripete, all’inizio del virgolettato, l’indicazione del numero o
della lettera (ad esempio: "L’articolo 86 della legge ... è
sostituito dal seguente: (a capo) "ART. 86 (eventuale rubrica se
presente nel testo novellato). 1."".
e) Se la parte novellistica
consiste di uno o più commi, lettere o numeri, essa viene riportata,
fra virgolette, a capo, dopo i due punti con cui si conclude
l’alinea. Se, viceversa, la "novella" consiste di un periodo o di
più periodi o di semplici parole da inserire, in sostituzione o in
aggiunta, nella norma previgente, la "novella" stessa è riportata,
tra virgolette, di seguito all’alinea (e, quindi, senza andare a
capo).
f) I riferimenti a norme recanti "novelle" sono
effettuati denominando "capoverso" la "novella" in senso stretto,
quando questa sostituisce o introduce un intero comma nel testo
previgente; se la parte novellistica comprende una pluralità di
commi da inserire o sostituire nel testo previgente, essi assumono
la denominazione di "primo capoverso", "secondo capoverso", "terzo
capoverso", e via dicendo, nel caso di commi non numerati. Qualora i
commi introdotti dalla "novella" siano numerati, essi assumono la
denominazione caratterizzata dal rispettivo numero cardinale
(capoverso 1, capoverso 2, eccetera).
g) Nei riferimenti a
partizioni di un articolo non rispondenti ai criteri indicati al
numero 7 e al presente numero, non sono usate espressioni diverse da
quelle sopra indicate né impiegate le medesime ("alinea",
"capoverso") con significati diversi da quelli stabiliti al numero 7
e al presente numero. Tali casi sono risolti altrimenti: ad esempio,
con citazioni testuali (le parole "..." oppure le parole da "..." a
"..." sono sostituite dalle seguenti: "...").
h) Le citazioni e
le "novelle" relative ai codici penali utilizzano, anche nel
virgolettato, le denominazioni "comma" e "periodo". Non sono
pertanto utilizzate le denominazioni originariamente in uso in tali
testi ("prima parte" e "capoverso").
i) Nelle "novelle" è evitata
l’utilizzazione di numeri corrispondenti ad articoli o commi
abrogati in precedenza.
l) Qualora si intenda sostituire un
insieme di articoli o di commi numerati con un numero minore di
articoli o di commi, sono sostituiti espressamente gli articoli e i
commi in corrispondenza dei quali se ne introducano di nuovi
identificati con i medesimi numeri, e sono abrogati gli articoli e i
commi cui non corrispondano nuovi articoli o commi con il medesimo
numero.
m) Anche quando un’intera partizione superiore
all’articolo venga sostituita da una nuova partizione, contenente un
numero minore di articoli, gli articoli per i quali non sia previsto
un nuovo contenuto testuale sono espressamente abrogati.
n)
Qualora i commi di un articolo modificato non siano numerati, non si
procede alla sostituzione di un comma con più commi, ovvero alla
sostituzione di più commi adiacenti con un comma solo. Ciò per non
alterare la sequenza dei commi eventualmente richiamati nello stesso
atto o in altri atti.
RACCOMANDAZIONI
L’unità minima del testo da sostituire con una "novella" è
preferibilmente il comma (o comunque un periodo, o una lettera di un
comma, o un numero contenuto in una lettera), anche quando si tratti
di modificare una singola parola o un insieme di parole.
Conviene che ogni norma recante una "novella" ad un determinato
atto costituisca un articolo a se stante, anzichè un comma di un
articolo recante più "novelle" a diversi atti legislativi.
Le
norme recanti "novelle" ad un medesimo testo sono preferibilmente
collocate rispettando l’ordine del testo novellato.
Qualora si
intendano apportare modificazioni a più commi di uno stesso articolo
è opportuno formulare la disposizione nel modo seguente:
"All’articolo ... della legge ...sono apportate le seguenti
modificazioni:" cui seguono più lettere nell’ambito dello stesso
comma, ciascuna delle quali indica le modificazioni a uno o più
commi.
Se vi è la necessità di apportare modifiche testuali dello
stesso tenore ad uno stesso atto è opportuno usare una formula
riassuntiva del tipo: "l’espressione y, ovunque ricorra, è
sostituita dalla seguente: z".
10. Numerazione dei commi nelle "novelle".
a) Nella "novella" recante sostituzione integrale di un articolo
di un atto legislativo previgente, nel quale i commi sono numerati,
i commi del nuovo testo sono ugualmente contrassegnati con numeri
cardinali. Se la "novella" sostituisce singoli commi dell’articolo
del testo previgente con un pari numero di commi, i commi che
costituiscono la "novella" sono contrassegnati con lo stesso numero
cardinale dei commi sostituiti.
b) Se la "novella" introduce nuovi commi, anche mediante la
sostituzione di singoli commi con un numero maggiore di commi,
questi sono contrassegnati con lo stesso numero cardinale del comma
dopo il quale sono collocati, integrato con l’avverbio numerale
latino bis, ter, quater, e via dicendo. Tale criterio è seguito
anche per i commi aggiuntivi inseriti dopo l’ultimo comma o,
rispetto all’articolo previgente composto di un comma unico, quando
il comma aggiuntivo debba essere inserito dopo detto comma
unico.
c) Commi aggiuntivi, inseriti in un testo legislativo
previgente, i commi del quale non siano numerati, non sono numerati.
La numerazione va invece apposta quando la nuova formulazione
riguardi non singoli commi soltanto, ma un intero articolo del testo
previgente. Tuttavia articoli aggiunti o sostituiti nella
Costituzione e nei codici che recano commi non numerati non recano i
commi numerati.
d) Per gli atti legislativi i cui articoli recano
commi non numerati, i commi aggiuntivi inseriti da successive
"novelle" sono citati con il numero ordinale risultante dalla loro
collocazione nella nuova sequenza dei commi; in altri termini la
numerazione della sequenza originale dei commi si intende modificata
in dipendenza dell’aggiunta dei nuovi commi. Uguale criterio è
seguito in caso di abrogazione di commi. Pertanto nella citazione
dei commi si fa riferimento alla sequenza di essi vigente alla data
di entrata in vigore dell’atto legislativo che rinvia ai medesimi.
e) Commi aggiuntivi, inseriti in un testo legislativo previgente
i commi del quale siano numerati, che debbano essere collocati prima
del comma 1, sono contrassegnati con i numeri "01", "02", "03",
eccetera.
f) I commi che si renda indispensabile inserire tra due
commi numerati aggiunti successivamente ad un testo previgente sono
contrassegnati con il numero del comma dopo il quale sono inseriti,
integrati da un numero cardinale Il comma inserito tra l’1-bis e
l’1-ter diviene quindi 1-bis.1. Il comma inserito tra l’1 e l’1-bis
è denominato 1.1. Un ulteriore comma inserito tra l’1.1. e l’1-bis,
successivo all’1.1, è indicato come 1.1.1., e così di seguito.
g)
Se si devono operare ulteriori modifiche che non possono essere
apportate seguendo i criteri fissati nelle lettere precedenti,
l’articolo è integralmente sostituito, applicando la regola indicata
nel primo periodo della lettera a).
11. Riferimenti normativi interni.
a) Nei riferimenti interni, cioè agli articoli ed ai commi del
medesimo atto legislativo che opera il riferimento, la citazione
degli articoli è completata con l’espressione "della presente legge"
solo quando (e in questo caso l’integrazione diventa obbligatoria)
ulteriori riferimenti ad altre fonti normative possano, nel
contesto, produrre incertezze interpretative.
b) La medesima regola di cui alla lettera a) si applica alla
citazione di un comma all’interno di uno stesso articolo; in questo
caso, cioè, l’espressione "del presente articolo" è utilizzata
soltanto se ulteriori riferimenti ad altre fonti normative o ad
altri articoli possano, nel contesto, produrre incertezza.
c) Nei
riferimenti interni a testi recanti la numerazione dei commi, la
citazione dei commi stessi è fatta sempre con riferimento al numero
cardinale e non con l’uso del numero ordinale.
d) Nei riferimenti
interni è sempre evitato l’uso delle espressioni "precedente" e
"successivo". Tali espressioni sono superflue, stante la necessità
di citare sempre il numero degli articoli o dei commi, e tra l’altro
possono determinare problemi di coordinamento e dubbi di
individuazione in caso di modifiche successive al testo in
oggetto.
12. Riferimenti normativi esterni.
a) Nei riferimenti esterni, cioè ad atti diversi dall’atto
legislativo che opera il riferimento, la citazione è fatta con la
indicazione della data (giorno, mese, anno) di promulgazione o
emanazione della legge o del decreto citato, corredata con il
relativo numero e omettendo il titolo dell’atto, salvo quanto
previsto alla lettera c). In caso di ripetute citazioni di una
stessa legge o decreto, è ammessa – limitatamente peraltro alle
citazioni successive alla prima – la semplice indicazione del numero
e dell’anno, omettendo il giorno e il mese.
b) Per i riferimenti esterni ad un atto che abbia subito
successive modificazioni, effettuati relativamente al testo vigente
al momento dell’adozione dell’atto che opera il riferimento, è usata
la formula "e successive modificazioni" (omettendo le parole "e
integrazioni", che possono essere fonte di equivoci interpretativi)
solo quando tali modificazioni riguardino la disposizione richiamata
e non altre dello stesso atto in cui la disposizione è collocata.
Per evitare possibili dubbi di legittimità costituzionale, ove il
riferimento si intenda operato al testo vigente ad una data
determinata, tale intento deve risultare in maniera chiara ed
inequivoca. Ove si tratti della Costituzione o dei codici, la
indicazione "e successive modificazioni" è omessa in quanto il
riferimento si intende sempre fatto al testo vigente.
c) I
riferimenti contenuti nei provvedimenti in materia tributaria sono
fatti indicando anche il contenuto sintetico della disposizione alla
quale si intende fare rinvio (articolo 2, comma 3, della legge n.
212 del 2000).
d) Non sono ammessi i riferimenti a catena (si
rinvia all’articolo x che a sua volta rinvia all’articolo y),
effettuando il riferimento sempre alla disposizione base.
e)
Quando si intende riferirsi a disposizioni modificate, il
riferimento è fatto sempre all’atto che ha subito le modifiche e non
all’atto modificante.
f) Nei riferimenti esterni a testi recanti
commi non numerati la citazione dei commi stessi è fatta sempre con
riferimento al numero ordinale. Nel caso in cui l’articolo sia
costituito da un unico comma non numerato, il riferimento è fatto
all’articolo.
g) Nei riferimenti esterni a testi recanti la
numerazione dei commi, la citazione dei commi stessi è fatta sempre
con riferimento al numero cardinale e non con l’uso del numero
ordinale.
h) È evitata l’espressione "ultimo – penultimo comma" o
"ultimi due commi" quando ci si riferisce a commi non
numerati.
i) È evitato l’uso delle espressioni: "articoli... o
commi... e seguenti". È sempre indicato con precisione il numero
degli articoli o dei commi cui si intende fare riferimento.
l)
Per i decreti convertiti in legge, il riferimento è fatto con la
formula: "decreto-legge x, convertito (, con modificazioni,) dalla
legge y".
m) I testi unici o i complessi di disposizioni sono
citati con la formula: "testo unico... (o disposizioni...) di cui al
decreto del Presidente della Repubblica (o altro atto) ...".
n)
Il riferimento ai testi unici "misti" previsti dall’articolo 7 della
legge n. 50 del 1999 è operato unicamente al decreto del Presidente
della Repubblica (cosiddetto testo A) contenente sia le disposizioni
legislative sia quelle regolamentari. Nella citazione sono omesse le
indicazioni (L o R) poste in calce a ciascun comma o a fianco della
intestazione di ciascun articolo.
o) I regolamenti governativi e
ministeriali sono citati con l’esplicita menzione del termine
"regolamento" che individua la natura dell’atto e con la formula:
"regolamento di cui al ...".
p) Per i decreti e gli altri atti
non numerati comunque pubblicati nella Gazzetta Ufficiale, sono
indicati, oltre all’organo emanante e alla data (giorno, mese, anno)
di emanazione, anche il numero e la data (giorno, mese, anno) della
Gazzetta Ufficiale in cui l’atto è stato pubblicato.
q) I decreti
ministeriali o interministeriali non sono richiamati in modo
innominato, ma con la indicazione specifica del Ministro o dei
Ministri che li hanno emanati, omettendo gli eventuali Ministri
"concertati".
r) I riferimenti alle direttive e ai regolamenti
comunitari sono fatti con le formule: "direttiva 95/337/CEE del
Consiglio (o altro organo emanante), del 27 luglio 1995";
"regolamento (CEE) n. 737/ 95 del Consiglio (o altro organo
emanante), del 26 aprile 1995". La sigla CEE è sostituita da CE per
gli atti adottati dopo l’entrata in vigore del trattato di
Maastricht (1º novembre 1993). Dal 1999 l’indicazione dell’anno
(prima del numero per direttive e decisioni e dopo il numero per i
regolamenti) figura su 4 cifre. Vi sono infine atti comunitari
atipici i quali, sfuggendo alle suddette regole di nomenclatura,
rendono necessaria la citazione della data di emanazione dell’atto
ovvero, in assenza di ogni altro riferimento utile, della data di
pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale delle Comunità europee. In
caso di ripetute citazioni di uno stesso atto comunitario,
limitatamente a quelle successive alla prima, nonchè ai fini della sua indicazione nel titolo del testo legislativo, è ammessa l’omissione dell’organo emanante e della data dell’atto. In tali casi si ricorre alle seguenti formule: "direttiva 68/193/CEE"; "decisione 78/884/CEE"; "regolamento (CEE) n. 1859/95".
s) I riferimenti ad accordi internazionali sono fatti con la seguente formula: "Accordo firmato a ... il ..." integrata, sulla base dei dati a disposizione, da una delle seguenti formule: 1) "ratificato ai sensi della legge ..."; 2) "la cui ratifica è stata autorizzata
dalla legge ..."; 3) "reso esecutivo ai sensi della (oppure "di cui alla") legge ...".
t) Quando è necessario citare partizioni di atti comunitari o internazionali è seguita la terminologia adoperata in tali testi.
RACCOMANDAZIONI
Le partizioni dell’atto normativo sono citate, preferibilmente, in ordine decrescente e separate da virgole (esempio: "articolo 1, comma 2, lettera b").
Le partizioni di livello superiore all’articolo nella loro interezza sono citate, preferibilmente, in ordine decrescente, a partire dalla partizione di livello più alto (esempio: titolo I, capo II, sezione I).
È opportuno evitare, nei riferimenti, il rinvio ad altre disposizioni operato con l’espressione: "in quanto compatibili".
13. Allegati.
Tabelle, quadri, prospetti, elenchi, eccetera, non sono inseriti nel testo degli articoli nè in allegato ad essi, ma in allegato al testo legislativo, dopo l’ultimo articolo. All’inizio di ciascun allegato è citato l’articolo (o il primo articolo) che rinvia all’allegato stesso (tranne che nel caso di allegato contenente le modificazioni apportate in sede di conversione a decreti-legge). Gli allegati non contengono nelle note esplicative
ulteriori disposizioni sostanziali, che devono invece trovare collocazione nell’articolato.
14. Abbreviazioni e sigle.
a) Le abbreviazioni (troncamento della parte finale della parola o di altre parti che compongono la parola) sono escluse dal testo degli atti legislativi, con la sola eccezione dell’abbreviazione della parola: "Articolo" in "ART.", ma limitatamente alla
intestazione di ciascun articolo.
b) Se un ente, un organo o un qualunque istituto (ad esempio: imposta sul valore aggiunto; valutazione di impatto ambientale) è citato ripetutamente nel medesimo atto legislativo, è ammesso che, dopo la prima citazione (recante la denominazione per esteso e la
sigla tra parentesi), le successive siano effettuate con la sola sigla.
c) Anche al fine di agevolare la ricerca informatica, le
lettere che compongono la sigla non sono separate da punti.
15. Vigenza dell’atto legislativo ed efficacia di
singole disposizioni.
a) Occorre distinguere fra data di entrata in vigore dell’atto
legislativo nel suo complesso e decorrenza dell’efficacia di sue
singole disposizioni. Nel primo caso è usata l’espressione: "La
presente legge entra in vigore il ...". Nel secondo caso è usata la seguente diversa espressione: "Le disposizioni dell’articolo x hanno effetto a decorrere da ...".
b) Il termine iniziale per le ipotesi di diversa decorrenza di singole disposizioni è individuato in date certe (la pubblicazione e, preferibilmente, l’entrata in vigore) e non in date più difficilmente note alla generalità (l’approvazione, la promulgazione o l’emanazione).
c) La data da cui decorre la cessazione dell’applicazione o l’abrogazione di determinate
disposizioni è definita ricorrendo a riferimenti temporali individuabili con certezza.
d) Se si intende fare rivivere una disposizione abrogata o modificata occorre specificare espressamente tale intento.