SEMPLIFICAZIONE DEL LINGUAGGIO AMMINISTRATIVO
«MANUALE DI STILE»

Rendere trasparente il lessico

di Federica Pellegrino

Il linguaggio burocratico non è un sistema monolitico. è piuttosto un coacervo di usi e costumi linguistici appartenenti a lingue speciali vere e proprie, quali quella giuridico-legislativa, dell’economia o della finanza, ognuna con il proprio bagaglio di tecnicismi, locuzioni complesse, stereotipie. In queste origini variegate risiedono molte delle sue caratteristiche, prima fra tutte la sua refrattarietà a un’espressione chiara e concisa.
Da questo serbatoio stratificato le amministrazioni recuperano le equivoche formulazioni linguistiche che impiegano nello scambio di informazioni e di azioni con i cittadini. Ma mettiamoci dalla parte del destinatario. La situazione psicologica di chi consulta o riceve un testo amministrativo è tale da non concedere spazio all’incertezza. Al cittadino, infatti, si richiedono specifici comportamenti da esibire nei diversi frangenti della vita quotidiana, la cui indicazione deve essere quanto più possibile univoca e sicura, perché parzialmente vincolante.
è l’attenzione alle esigenze del destinatario, dunque, a costituire la motivazione e la guida alla semplificazione dello stile burocratico.
Già nel Trecento, un autorevole monito alla trasparenza l’aveva lanciato il cronista fiorentino Dino Compagni, nella Canzone del pregio, augurandosi che il notaro "d’imbreviar sue scritte non si’ avaro", cioè non sia trascurato nello stendere gli atti con chiarezza. Le vie da seguire per raggiungere questa chiarezza sono diverse. Una di esse passa attraverso un uso critico del vocabolario. Vediamo in che modo.
Il lessico italiano è costituito da decine di migliaia di parole. Al suo interno ne è stato isolato un nucleo di poche migliaia che rappresenta il vocabolario di base, vale a dire quell’insieme di parole che, essendo le più diffuse, sono note a quasi tutti i parlanti e sono quindi di più facile comprensione. Si è visto che, all’aumentare in un testo del numero di parole estranee al vocabolario di base, diminuisce il numero di persone in grado di comprenderlo. Ne consegue, da un lato che le parole di uso comune sono preferibili a quelle più rare, dall’altro che le parole meno frequenti e i tecnicismi irrinunciabili, una volta introdotti nel testo, devono essere spiegati con parole di uso comune.
I redattori di documenti amministrativi, invece, posti di fronte a diverse opzioni lessicali semanticamente equivalenti, tendono spesso a scegliere quelle più rare e difficili. Costante è l’uso di parole e formule dotte, arcaiche o letterarie, di matrice oscurantistica. Osserviamo una lettera qualsiasi e notiamo, per esempio, che l’esordio è spesso affidato a locuzioni solenni, come la Signoria vostra (o S.V.), quando è più semplice - e attuale - l’uso del pronome allocutivo Lei per rivolgersi al proprio destinatario. La stessa lettera preferisce rammentare anziché ricordare, informa che un determinato istituto provvederà a erogare una data somma anziché versarla, concede un nulla osta invece di un parere favorevole, sollecita un riscontro invece di una risposta. Domina un’inspiegabile ansia di appesantire il testo con parole inutili, per cui locuzioni complesse come al fine di o nel caso in cui occupano il posto delle corrispondenti - e inequivocabili - congiunzioni semplici per e se; o ancora, perifrasi verbali astratte si sostituiscono a verbi semplici (provvedere alla copertura assicurativa o dare comunicazione anziché assicurare e comunicare). Gli esempi sono davvero tanti. Concludo con gli immancabili altresì e testé, avverbi di antica memoria, che pretendono di dare lustro alla pagina, ma il cui preciso significato è ignoto a molti.
Optare per l’alternativa lessicale più semplice non significa ridurre il linguaggio burocratico a lingua pidgin (il termine indica quei sistemi linguistici dalla struttura molto semplice usati per gli scambi commerciali in situazioni coloniali), ma mettere una relazione semantica fondamentale, quale la sinonimia, al servizio dell’efficacia comunicativa.

[La comunicazione leggera, «Guida agli Enti Locali», 2 giugno 2001]



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ultima modifica 19/08/2002


Università degli Studi di Padova
1999-2002
A cura di Michele Cortelazzo
Dipartimento di Romanistica
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