SEMPLIFICAZIONE DEL LINGUAGGIO AMMINISTRATIVO
«MANUALE DI STILE»

Eufemismi

di Federica Pellegrino

Il martellante tam-tam di appelli alla chiarezza e alla semplicità comunicativa che ha caratterizzato l'ultimo decennio dimostra, in primo luogo, che sono tante le resistenze da abbattere e, in secondo luogo, che si tratta di resistenze forti perché sono il risultato di abitudini profondamente radicate, di automatismi cognitivi, prima ancora che linguistici e, in larga misura, inconsapevoli.
Uno di questi riguarda l'uso delle parole. Vediamo subito un esempio. Sul lungolago di Arona, in un'area destinata al verde pubblico, sono esposti alcuni cartelli con una scritta: «È obbligatorio tenere i cani al guinzaglio e raccogliere le deiezioni».
Oltre alla scritta, i cartelli riportano anche due piccole immagini, che dovrebbero avere lo scopo di chiarire il contesto della comunicazione: un cane stilizzato e la riproduzione post-moderna di una paletta con qualcosa sopra. Si intuisce così quello che il Comune di Arona, per eccesso di pudore, non ha avuto il coraggio di scrivere e cioè che le deiezioni altro non sono che quella parte degli alimenti espulsa dagli intestini.
Qualche anno fa anche il Comune di Padova si trovò di fronte alla necessità di educare i proprietari di cani. Riuscì tuttavia a risolvere con coraggio il problema delle scelte lessicali: dapprima si lasciò tentare da un eufemismo di media trasparenza, bisogni fisiologici, ma poi decise di usare l'espressione più diretta possibile, cioè escrementi, una parola di uso comune, né volgare né imbarazzante per i lettori.
Questi esempi illustrano bene uno dei mali del linguaggio burocratico, il “terrore semantico”, vale a dire il rifiuto o comunque la difficoltà a chiamare le cose ciascuna con il proprio nome, come se la vita e il mondo fossero indecenti e andassero quindi censurati.
L'uso di eufemismi, di termini ambigui, ha lo scopo dichiarato di attenuare il senso spiacevole o imbarazzante di un'espressione, e quello meno evidente, ma comunque presente, di imprimere soggezione al cittadino, di impressionarlo.
Diventa allora automatico parlare di trapasso o decesso al posto di morte oppure di non accettazione di una domanda al posto di rifiuto.
Qualunque sia la motivazione di fondo, però, le espressioni ambigue oscurano il significato della comunicazione perché possono avere significati diversi. Per restare al nostro primo esempio, il termine «deiezione» ha altri significati oltre a quello di «escrementi»: indica «l'accumulo di materiali detritici trasportati da agenti fisici (vento, acque ecc.)», o «lo scadimento dell'esistenza umana alla banalità», o, ancora, la «fuoriuscita di materiale piroclastico da un vulcano» (Dizionario Italiano Sabatini e Coletti, Giunti, 1997; Dizionario della lingua italiana di De Mauro, Paravia, 2000). Insomma, quali deiezioni dobbiamo raccogliere se ci troviamo ad Arona? La domanda è lecita non solo per la semantica del cartello, ma anche per la sua sintassi, in quanto non viene espresso il complemento oggetto obbligatorio del verbo raccogliere, e quindi non è chiaro se si debbano raccogliere le deiezioni del proprio cane, di tutti i cani o, più generalmente, tutto ciò che fuoriesce dal terreno (diverso sarebbe se fosse stato scritto raccoglierne).
Qualcuno potrebbe replicare che abbiamo portato agli estremi l'analisi del nostro cartello perché, tra l'altro, le immagini che si accompagnano alla scritta si propongono proprio di rendere esplicito il contesto comunicativo. Ma non è un controsenso scegliere le parole più oscure e lasciare che siano poi i disegni a chiarirle? La lingua, organismo ricco e vivo, è in grado di esprimere ogni esperienza esprimibile e non teme la semantica apparentemente dissacrante o irrispettosa di alcune parole. Non dobbiamo temerla neppure noi.

[Eufemismi tutti da decifrare, «Guida agli Enti Locali», 1 giugno 2002, p. 80]



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ultima modifica 19/08/2002


Università degli Studi di Padova
1999-2002
A cura di Michele Cortelazzo
Dipartimento di Romanistica
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