Semplificare e rendere più trasparente la comunicazione pubblica non significa solo saper usare una lingua semplice ed efficace;
significa, ancor prima, saper usare, in maniera appropriata e differenziata,
gli strumenti di comunicazione disponibili. Con questo non intendo tanto il ricorso
spinto a strumenti multimediali; quanto, più modestamente,
un’accorta utilizzazione di diversi strumenti cartacei e verbali,
che, per quanto tradizionali, restano i mezzi più adatti a
trasmettere informazioni complesse.
Prendiamo ad esempio i bandi di concorso (quelli per l’assunzione
di personale, o quelli per l’attribuzione di abitazioni di edilizia
residenziale pubblica). Molti Comuni affiggono negli uffici pubblici
e nelle strade l’intero bando di concorso, costituito da un testo della
lunghezza di 10-15 pagine di computer, corrispondenti a circa 5.000 parole. È chiaro che ne viene fuori un manifesto fittissimo e con un carattere molto piccolo, che non si fa a notare a sufficienza (forse nemmeno per il titolo) nel mare di manifesti che tappezzano le nostre città.
È buona comunicazione? È vera trasparenza? Certamente no. È del tutto improbabile che un cittadino, taccuino degli appunti alla mano, si annoti per strada l’elenco dei documenti necessari, le scadenze, le altre modalità di partecipazione. Anzi, è possibile, piuttosto, che il cittadino interessato neppure si accorga che il Comune ha affisso una comunicazione che può essere molto importante per lui. Insomma, trasmettere un intero bando di concorso attraverso un manifesto murale è un errore comunicativo nel miglior dei casi (si occupa tanto spazio per informazioni che in quella veste sono inutili), un atto farisaico nel peggiore (sia fa finta di rendere il più pubblico possibile un atto, ben sapendo che si tratta di una pubblicità solo apparente).
Qual è la via d’uscita? Quella di utilizzare una strategia informativa condotta su più piani: da una parte il manifesto, che deve dare al pubblico più vasto possibile le informazioni generali (nel caso dell’assunzione: profilo professionale, titolo di studio richiesto, argomenti d’esame, scadenza), dall’altra il volantino, il depliant, la brochure che dà al pubblico veramente interessato tutti i dettagli.
Ecco allora che il manifesto affisso ai muri della città riacquista una sua funzione e una sua efficacia: avendo meno testo, avrà dei caratteri più grandi e più leggibili, a partire dal titolo, e servirà per una prima scrematura del pubblico. Poi rinvierà esplicitamente chi ha un interesse per il tema trattato al bando o, ancor meglio, ad un testo più dettagliato (per es. un depliant diffuso attraverso l’URP e gli uffici di quartiere), ma ancora divulgativo. Solo a questo punto, e, se mi permettete l’espressione, solo per gli interessatissimi è davvero necessario passare al bando integrale, che per la sua valenza giuridica può contenere delle espressioni tecniche del diritto amministrativo che, almeno al momento attuale, difficilmente possono essere eliminate da un atto come un bando di concorso. L’ideale sarebbe che almeno il bando fosse recuperabile anche in Internet.
Una strategia analoga potrà riguardare i manifesti che informano sul pagamento dell’Imposta Comunale sugli Immobili (ICI): le informazioni essenziali saranno rese note a tutti con un manifesto, le informazioni dettagliate e gli esempi di calcolo saranno contenuti in un depliant che, in questo caso, può essere diffuso dal concessionario che si occupa della riscossione dei tributi. Il Comune di Padova, due anni fa, ha condotto in maniera attenta e coordinata un’azione comunicativa del genere, migliorando un sistema già in atto da alcuni anni. Il risultato è stato che il numero dei cittadini che hanno usufruito delle maggiori detrazioni è aumentato del 100%. Forse questo non è stato, nell’immediato, un motivo di gran gioia per l’Assessore al Bilancio; ma certamente è un motivo di soddisfazione per un’Amministrazione al servizio dei cittadini sapere di aver messo un numero maggiore di persone nella condizione di godere di un loro diritto.
[La trasparenza di un manifesto, «Guida agli Enti Locali», 17 febbraio 2001]