SEMPLIFICAZIONE DEL LINGUAGGIO AMMINISTRATIVO
«MANUALE DI STILE»

Come strutturare un provvedimento

di Michele A. Cortelazzo

Università di Cagliari. Il dirigente dei servizi bibliotecari emette una disposizione sull'adozione di un software per la catalogazione dei libri. Cosa ci aspettiamo?
Una sequela di: visto che, considerato che eccetera. Invece no. Preceduto dal titoletto «decisione», si legge un testo di assoluta chiarezza e brevità: «Il Direttore dell'Area dispone che, con decorrenza immediata, in tutte le biblioteche dell'Ateneo sia adottato in modo esclusivo il s/w Sebina/SBN».
Segue, aperta dal titoletto «motivazione», la spiegazione: «La presente Disposizione Dirigenziale scaturisce dalla necessità di:
1. rendere pienamente operativi i deliberati degli Organi Accademici e gli accordi sottoscritti con la Regione Autonoma della Sardegna;
2. promuovere l'ottimizzazione delle attività e della qualità dei servizi bibliotecari;
3. perseguire l'obiettivo della razionalizzazione delle risorse umane e finanziarie».
Alla fine, sotto la rubrica «riferimenti», l'elenco degli atti dai quali il provvedimento in esame ricava la sua legittimità.
Nell'organizzare in questo modo un suo provvedimento, il dirigente dell'area servizi bibliotecari dell'Università di Cagliari ha applicato, tra i primi in Italia, i suggerimenti emersi dal progetto «Chiaro!» del dipartimento della Funzione pubblica (quello al quale, mi pare di capire, l'attuale ministro ha improvvidamente messo la sordina).
Quali sono i vantaggi di questo modo di organizzare la testualità di un atto? Innanzitutto quello di rendere manifesta al lettore l'organizzazione testuale del testo, distinguendo con chiarezza il dispositivo, la motivazione, i riferimenti normativi. In secondo luogo quello di mettere in primo piano quello che interessa il lettore, e cioè la decisione presa. Spesso, quando si legge un'ordinanza del sindaco o il decreto di qualche autorità, si deve scorrere un'interminabile sequenza di riferimenti normativi, di motivazioni, per giungere alla fine al vero contenuto del testo, che spesso è di una brevità assoluta («si ordina la chiusura al traffico veicolare di via Roma dalle ore 15 alle 24 del giorno 15 agosto 2003»).
Ma c'è una semplificazione anche per chi scrive, che può ridurre all'osso le sue spiegazioni, senza infiorettarle di elementi di introduzione, che, per ragioni di variazione, costringono a ricorrere a tutta una serie di sinonimi (visto che, considerato che, ritenuto che, ribadito che, preso atto che, accertato che): la confezione dei testi diventa, quindi, più rapida e più facile.
C'è da credere che ci saranno molte resistenze all'adozione di queste modalità di stesura dei provvedimenti e che verranno accampate ragioni giuridiche.
Mi è stato detto, ad esempio, che in questo modo, anticipando la disposizione alla motivazione o ai riferimenti, non viene rappresentato nell'atto il processo che porta all'assunzione della decisione.
Non ho una preparazione giuridica, ma mi pare una critica da azzeccagarbugli.
Non è detto che il processo con cui si prende una decisione debba essere rappresentato, nello stesso ordine, in un testo. In altri Paesi (ad esempio, la Germania) anche nelle sentenze il dispositivo precede la motivazione.
L'importante è che un atto contenga le motivazioni di una decisione, che naturalmente non può essere arbitraria o soggettiva, e deve essere sottoponibile a un eventuale ricorso. Se si riesce a trovare un modo per salvaguardare queste necessità sostanziali, dando al tempo stesso efficacia comunicativa all'atto, si raggiunge l'optimum. O no?
Certo, una qualche copertura dall'alto toglierebbe ogni remora ai dipendenti pubblici che amano la semplicità e l'efficacia comunicativa anche nella stesura degli atti, ma temono il contenzioso degli azzeccagarbugli.
In questo senso, il proseguimento delle attività del progetto “Chiaro!” e l'ufficializzazione delle proposte di redazione chiara e giuridicamente corretta di un atto amministrativo sarebbero un servizio utilissimo per i dipendenti pubblici ma anche per tutti i cittadini.

[L'inversione rafforza il testo, «Guida agli Enti Locali», 4 ottobre 2003]



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ultima modifica 30/08/2004


Università degli Studi di Padova
1999-2004
A cura di Michele Cortelazzo
Dipartimento di Romanistica
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