Revolver Revue
(dal 1985)
Scheda informativa
Si tratta di una rivista letteraria samizdat pubblicata a Praga a partire dal gennaio 1985 da Ivan Lamper, Viktor Karlík e Jáchym Topol. I primi quattro numeri sono usciti con il titolo Jednou nohou, i numeri 5/1986 e 6/1987 con il doppio titolo Revolver Revue/Jednou nohou, mentre dal numero 7/1987 è comparso solamente il titolo Revolver Revue. Sono apparsi anche diversi sottotitoli: i primi due numeri sono usciti con il sottotitolo “Kulturní revue – tzv. “nezávislý” tiskový Morgan” [“Rivista culturale – il cosiddetto Morgan tipografico ‘indipendente’”], il numero 3-4/1986 con “Tzv. nezávislá kulturní revue” [“Rivista culturale cosiddetta indipendente”], il numero 6/1987 con “Nezávislé kulturní periodikum” [“Periodico culturale indipendente”], il 7/1987 con “Off ghetto magazine”, il numero 8/1987 con il sottotitolo “Colorama - profesionální a nezávislý magazine” [“Colorama – rivista professionale e indipendente”], il 9/1988 con “Femme fatale - nezávislý magazine” [“Femme fatale – rivista indipendente] e gli ultimi due numeri con “Nezávislý magazine” [“Rivista indipendente”]. Revolver Revue riprende la tradizione di Violit, rivista dedicata alla letteratura e all’arte figurativa pubblicata a partire dal 1980, e il suo titolo esprime il coraggio e i rischi a cui andava incontro il gruppo redazionale: da una parte, infatti, si rifaceva allo scandalo (nel ceco colloquiale l’aggettivo “revolverový” è associato al giornale scandalistico), dall’altra invece al meccanismo simile al tamburo rotante della pistola, che ben rappresenta l’intento delle pubblicazioni samizdat che, presentando messaggi forti e polemici, scuotono le persone così come accade con i colpi d’arma da fuoco. Il logo della rivista era inizialmente la “Košířská madona” (Madonna di Košíře), un poster pubblicitario che si trovava appeso sopra il bancone del pub “Klamovka” di Praga, dove il gruppo editoriale era solito incontrarsi.
La rivista Revolver Revue usciva in formato A4 (le ristampe in formato A5), veniva stampata su ciclostile (a volte venivano utilizzate anche la carta velina o le fotocopiatrici xerox) e presentava un numero di pagine che oscillava tra le 125 e le 400; i primi nove numeri venivano rilegati con cartoncino, mentre gli ultimi due presentavano una rilegatura in brossura. Veniva pubblicata dalle due alle tre volte all’anno e fino al 1989 sono usciti 13 numeri; il primo numero uscito legalmente è apparso nel dicembre 1990 e la rivista esce tuttora (l’ultimo numero uscito è il 2011/82).
La rivista Revolver Revue pubblicava testi in prosa e poetici, opere teatrali, saggi, articoli, recensioni, critiche, polemiche, reportage, interviste, commenti, glosse, testi di canzoni, lettere e annotazioni, e a partire dal numero 6/1987 sono apparsi dei blocchi tematici combinati liberamente, come “Zahraniční autoři”, “Překlady”, “Čeští autoři”, “rr-interview”, “Články – recenze – úvahy – rr reports – dopisy čtenářů” e “Resumé”. Si occupava principalmente di narrativa e saggistica di autori cechi che non potevano pubblicare nella stampa ufficiale: sono stati presentati ad esempio il dramma “Asanace” e il saggio “Příběh a totalita” di Václav Havel, l’opera teatrale “Stěhování duší” di Josef Topol, la poesia di Ivan Wernisch “Cvičné město” e il testo “Adresát Milena Jesenská” di Jana Černá. Venivano inoltre regolarmente pubblicati anche gli autori legati al mondo dell’underground (ricordiamo ad esempio Ivan Martin Jirous con la poesia “Labutí písně” oppure Egon Bondy con il testo “Nový věk”), ma anche giovani autori emergenti (ad esempio le poesie di Jáchym Topol, Alena Wagnerová e Vít Kremlička); testi di canzoni di gruppi musicali cechi (come The Plastic People of Universe oppure Garáž), interviste con personalità della scena culturale (citiamo Milan Hlavsa, J. Skalník, Olga Stankovičová) e della politica (ricordiamo Adam Michnik e S. Devátý), ma sono apparsi anche ricordi (ad esempio Bedřich Placák ha rievocato l’insurrezione nazionale slovacca), saggi critico-letterari e storico-letterari (ricordiamo in particolare il saggio di Jindřich Chalupecký su Jiří Kolář e Vladimír Boudník) ma anche sull’arte figurativa (riguardanti ad esempio Salvador Dalì e Andy Warhol). La rivista Revolver Revue presentava anche critiche e recensioni di novità letterarie (del samizdat ricordiamo il romanzo “Medorek” di Petr Placák, mentre dell’esilio citiamo “Miliónový jeep” di Jan Novák) e di mostre di arte moderna, nonché numerose polemiche (ad esempio sull’opera “Děti ráje” di Jan Pelc, sulla rivista stessa, ma anche polemiche con la stampa ufficiale – Rudé právo – e con le pubblicazioni ufficiali – ricordiamo “V zemi zaslíbené?” di J. Šebesta); venivano presentati anche reportage di viaggi e testi di pubblicistica varia, tra cui la droga, la glasnosť, il razzismo, l’antisemitismo, il sentimento anti-rom, la problematica ebraica, i diritti umani, la musica rock e l’underground. Ampio spazio veniva dedicato alle traduzioni (dell’ambito prosastico ricordiamo i racconti di Charles Bukowski, i testi di Eduard Limonov “Love, love, love” e di P. Scheider “Skokan”; dell’ambito poetico vale la pena di citare “Rekviem” di Anna Achmatová), alle opere teatrali (si veda “Rodinné hlasy” di Harold Pinter), alla letteratura di carattere storico-politico (ricordiamo Anatolij Marčenko con “Mé výpovědi”, Hannah Arendt con “Co je svoboda?” e György Konrád con “Zabít znamená vždycky zavraždit”) e alle interviste (citiamo quelle con Tom Waits, Lou Reed, Irina Ratušinska e Charles Bukowski). Tra i principali autori che hanno pubblicato nella rivista Revolver Revue annoveriamo Jan Beneš, Egon Bondy, Václav Havel, Zbyněk Hejda, Ivan Martin Jirous, Milan Knížák, Jiří Kolář, Vít Kremlička, František Pánek, Petr Placák, Jáchym Topol, Josef Topol e Ivan Wernisch; per quanto riguarda quelli stranieri vale la pena di citare Anna Achmatová, Hannah Arendt, Samuel Beckett, Charles Bukowski, Louis Ferdinand Céline, Witold Gombrowicz, Graham Greene, György Konrád, Eduard Limonov, Anatolij Marčenko, Henry Miller, Geoge Orwell, Harold Pinter, Dimitrij Savickij, P. Schneider, Isaac Bashevis Singer, Tom Waits e Andy Warhol. I contributi originali costituivano circa un terzo delle pubblicazioni totali della rivista, mentre i restanti due terzi era formato da traduzioni (soprattutto dall’inglese, dal polacco e dal russo) e da testi già apparsi nel samizdat; i contributi venivano firmati con il vero nome dell’autore, ma a volte si trovano anche pseudonimi o cifre. In alcuni testi è stata usata la lingua parlata e colloquiale e si trovano anche espressioni slang.
a cura di Stefania Mella