Часы
Časy
[ARCHIVIO]
[Fonte
temporanea: Marco Sabbatini, ""Časy" e il premio "Andrej Belyj"", Idem, "Quel che si metteva in rima": cultura e poesia underground a Leningrado,
Salerno 2008, pp. 207-211]
[1976 - 1990]
Scheda informativa
Nel giugno 1976, per iniziativa di Boris Ivanov, esce il primo numero di "Časy", cui partecipa Julija Voznesenskaja, curatrice della sezione di poesia. L'intento originario è dar vita a un almanacco letterario con cadenza periodica. Nei primi quattro numeri della pubblicazione Boris Ivanov inserisce testi in prosa di Rid Gračev, A. Morev, A. Ar'ev oltre alle poesie di R. Mandel'štam, V. Krivulin, A. Dragomoščenko. Vi compaiono articoli di critica letteraria, di arte e interessanti traduzioni di Camus, Jaspers e Ionesco. Ogni volume presenta sezioni di poesia, prosa, traduzione, critica letteraria, arte, discussione filosofica e talvolta politica. L'uscita dei numeri, 6 volte all'anno, è puntuale come un orologio, in quanto come sottolinea Ivanov, "le persone hanno bisogno solo di orologi funzionanti". "Časy", "L'orologio" appunto, sta a indicare non solo l'impegno, ma anche la regolarità e lo spirito di continuità con cui la rivista esce.
Come per "37" di Krivulin, il seminario filosofico-religioso di Goričeva, le mostre degli artisti non conformisti e il tentativo di pubblicare l'antologia Lepta sono i principali impulsi che inducono Boris Ivanov alla sua impresa. Con "Časy" Ivanov intende sollevare in maniera ampia e incisiva la questione dello spazio libero di stampa per gli scrittori non ufficiali; per tale motivo si prodiga per dare alla 'Seconda cultura' una identità editoriale autonoma, coinvolgendo nel progetto un ampio numero di persone. In totale usciranno, nel corso di 14 anni, ben 80 numeri di "Časy", ai quali vanno aggiunti i corposi romanzi e le monografie dei poeti, allegati in edizioni speciali. Tra queste si ricordano le raccolte di poesia di Elena Švarc, Sergej Stratanovskij, Elena Ignatova, Viktor Krivulin, Leonid Aronzon. Escono su "Časy", come già su "37", anche raccolte di scrittori moscoviti quali Prigov, Limonov, Kenzeev e Gandlevskij.
Agli inizi del 1978 inizia a collaborare in redazione Jurij Novikov, uno dei fondatori dell'organizzazione di artisti TEII, che dà spessore alla sezione delle arti figurative. Dal dodicesimo numero, nel 1978, l'almanacco "Časy" si trasforma in rivista, stabilendo uno spazio di diffusione anche per notizie di cronaca, informazioni sui programmi della vita culturale non ufficiale, aggiornamento sui temi e le date dei seminari, delle mostre e delle serate di letteratura. La redazione di "Časy" si distingue anche nella promozione delle iniziative culturali del movimento non conformista, come l'organizzazione di convegni e seminari, del premio letterario "Andrej Belyj", del "Klub-81" e a partire dal 1986 anche dei nove numeri della rivista satirica dattiloscritta "Krasnyj Ščedrinec". Nonostante il Kgb tenga costantemente sotto osservazione i contenuti delle pubblicazioni, questa rivista si affermerà come longeva e continuerà a uscire sino all'abolizione della legge sulla censura nell'agosto del 1990.
"Časy" nasce contemporaneamente alla rivista "37"; tra i due redattori corre una certa rivalità, che nel tempo si tramuta in una produttiva concorrenza. Sebbene si sviluppino parallele, le due pubblicazioni rimangono distinte per propositi ed impostazione; mentre "37" è un periodico con indirizzo filosofico-religioso-letterario e mantiene una schiera di lettori piuttosto stabile, "Časy" si propone di spaziare in ambiti culturali molto diversificati e propone una sorta di pluralismo estetico e di categorie artistico-filosofiche di diverso spessore, che talora include materiali meno selezionati. A differenza di "37", che è distribuito gratuitamente, Boris Ivanov, dovendo pagare le dattilografe, si vede costretto a chiedere la non modesta cifra di 12-15 rubli per ognuna delle 10 copie che escono con cadenza bimestrale e sono diffuse anche a Mosca, Tallin, Saratov, Kiev, Odessa, Sverdlovsk, Riga; alcuni contributi sono pubblicati all'estero su "Grani" e "Ècho".
Nella storia parallela di "37" e "Časy" esiste anche un tentativo di avvicinamento, in cui si pensa di dar vita a un'unica rivista. Nel ricordare successivamente quel tentativo, Krivulin sottolinea la sua diversa impostazione rispetto a Boris Ivanov, tanto che l'accordo non viene raggiunto nemmeno sul nome da dare alla eventuale nuova pubblicazione. Nonostante le diversità e gli attriti, le due redazioni collaboreranno per montare il nono numero di "Časy" del 1978, che, come indica il frontespizio, è stilato sulla base di contributi usciti su "37". Lo stesso tipo di collaborazione avverrà nel corso degli anni '80 tra le riviste "Obvodnyj kanal" e "Mitin žurnal".
Il ruolo delle traduzioni in "Časy" è fondamentale e riflette la necessità del movimento culturale indipendente di colmare le lacune formatesi in seno alla cultura ufficiale sovietica, chiusa e diffidente verso alcuni aspetti del pensiero occidentale. Particolare attenzione è rivolta alle teorie linguistiche, al post-strutturalismo, alla semiotica e lo testimoniano le traduzioni di Barthes, Lacan e Derrida. Compaiono anche versioni di scrittori slavi, in particolare di Bruno Schulz e Czesław Miłosz.
Alla fine del 1978, dopo due anni di attività, la redazione tenta un bilancio del proprio operato; la riflessione condotta nel quindicesimo numero di "Časy" del 1978 porta alla convinzione che la letteratura non ufficiale non è più sinonimo di dissenso, bensì di libera scelta:
Il quindicesimo numero di "Časy" è costituito da contributi della redazione non mutuati da altre riviste. Come testimonia la denominazione di žurnal, avviene la trasformazione in rivista di cultura e letteratura, anche se l'impianto rimane piuttosto simile all'almanacco. Oltre ai versi di V. Alejnikov e di A. Dragomoščenko, poeta sempre più in vista, appare il racconto di Boris Dyšlenko Pjatyj ugol'; di particolare interesse è la sezione critica di R. Skif sull'artista leningradese Vladimir Ovčinnikov, di cui a partire dal n. 42 del 1982 compaiono anche le stampe fotografiche delle sue opere, insieme a quelle di altri pittori e scultori leningradesi non conformisti quali Belkin, Figurina, Uchnalev e Voinov. Nella sezione delle traduzioni, il Dìalog di Martin Buber conferma l'interesse per la filosofia novecentesca; infine molto importante è lo spazio riservato alla cronaca degli eventi culturali. Si riporta brevemente la descrizione del seminario Religija i kul'tura [Religione e cultura] del 26 novembre 1978, in cui risalta l'intervento di Stratanovskij Gnostìcizm II veka [Lo gnosticismo del II secolo], sulle origini dello gnosticismo nel primo cristianesimo, che suscita grande interesse tra i partecipanti al seminario. Segue una nota di B. Ivanov su un poema sperimentale del concettualista Lev Rubinštejn, a riprova dello spazio concesso alla produzione poetica moscovita. Alla fine del numero viene dato l'annuncio del primo conferimento del premio letterario "Andrej Belyj" e la pubblicazione degli atti.
Nel corso del 1978 la redazione di "Časy", guidata da Boris Ivanov, Arkadij Dragomoščenko, Jurij Novikov e Boris Ostanin, si fa promotrice dell'iniziativa di un premio da conferire alle personalità di maggior rilievo della 'Seconda cultura'. Si sceglie di insignire coloro che annualmente si distinguono nella poesia, nella prosa o nella critica letteraria. Le riviste samizdat e l'organizzazione di conferenze e convegni, il cui argomento centrale è l'evoluzione del movimento non ufficiale, hanno ormai creato le condizioni per una attività letteraria autonoma. Da qui l'esigenza di istituire anche un riconoscimento letterario che attribuisca alla 'Seconda cultura' una propria scala di valori.
Il premio "Andrej Belyj" è il primo riconoscimento in Unione Sovietica attribuito ad artisti e letterati senza il benestare delle autorità, al di fuori di congiunture politiche, vincoli ideologici o provvedimenti censori. È l'ennesima dimostrazione di autonomia della letteratura non ufficiale; che è stata capace di costituire al suo interno meccanismi di valutazione dell'opera poetica, ispirati ad una produzione spontanea e ad una fruizione libera dei testi, che rafforza negli autori la coscienza della propria identità artistico-letteraria. La scelta di intitolare il premio ad "Andrej Belyj" è tutt'altro che casuale: in un primo momento l'intenzione era di chiamare il premio "Albert Camus", in onore dello scrittore francese tanto letto e tradotto negli ambienti underground. Secondo Boris Ivanov, Camus era la personalità che meglio rappresentava la poliedricità del premio, in quanto autore di un discorso filosofico-letterario che varca i confini fisici e ideologici dell'Unione Sovietica. Al momento della scelta definitiva nasce tuttavia una disquisizione sulla coincidenza con la denominazione di un pregiato cognac, il Camus appunto; il critico Jurij Novikov non apprezza l'idea di un nome straniero per un premio letterario russo, e propone il premio "Andrej Belyj", mettendo immediatamente tutti d'accordo.
Prosatore, poeta, critico, teorico di letteratura, cultore di antroposofia Andrej Belyj riunisce in sé tutte le prerogative del premio e contemporaneamente non fa dimenticare l'allusione alla bevuta insita in beloe, forma gergale per vodka. Il simbolico premio consiste infatti in una bottiglia di vodka da porre al cospetto del vincitore all'atto del conferimento, in un rituale di accoglienza informale, 'da cucina', tipico della vita intellettuale non ufficiale. Una volta insignito, l'autore, di cui si leggono alcune opere significative, pronuncia un discorso di ringraziamento. Il premio "Andrej Belyj" è simbolico anche dal punto di vista economico: oltre alla vodka, il vincitore, ancora oggi, riceve la somma di un rublo, che è un modo per ironizzare sui conferimenti di grandi somme di denaro nei premi ufficiali di Stato con cui sono insigniti gli scrittori allineati politicamente.
Per sottolineare lo spirito con cui nasce l'iniziativa, ricordo il discorso emblematico di Krivulin insignito nel dicembre 1978 dalla giuria riunitasi per la prima volta nell'appartamento di Jurij Novikov:
Il secondo conferimento del premio avviene nel dicembre 1979, nell'appartamento del critico musicale Sergej Sigitov e coincide con il secondo convegno del movimento culturale indipendente. A dicembre di ogni anno gli organizzatori dell'evento devono trovare il modo e il luogo, per assegnare il riconoscimento senza dare eccessivamente nell'occhio. Ha origine perciò una tradizione importante di celebrazioni e conferimenti semiclandestini. Anche se costretto ad interruzioni nel corso degli anni '80, il premio è riuscito a sopravvivere sino ad oggi.
Marco Sabbatini